
DAL WEB – ARTICOLO PUBBLICATO SU THE ECONOMIST
Famose per i combattimenti a cavallo e il saccheggio dei villaggi come predoni medievali, le Forze di Supporto Rapido (RSF) hanno recentemente acquisito le armi della guerra del XXI secolo. All’inizio di maggio, la milizia sudanese, che combatte l’esercito del Paese dall’aprile del 2023,ha lanciato attacchi con droni su Port Sudan, una roccaforte dell’esercito sulla costa del Mar Rosso. L’attacco ha danneggiato l’unico aeroporto funzionante del Sudan e la principale centrale elettrica della città. Eppure il suo impatto più duraturo è stato psicologico: a più di 1.000 chilometri di distanza da qualsiasi base nota delle RSF, Port Sudan era a lungo considerata sicura. I droni delle RSF hanno demolito questa convinzione.
Gli attacchi sono l’illustrazione più recente di come i droni stiano cambiando il carattere della guerra in Africa. Per decenni, le guerre del continente sono state combattute per lo più via terra, con unità di fanteria mobile leggera. La potenza aerea era troppo costosa e complessa per la maggior parte degli eserciti. I droni di oggi, al contrario, sono sia economici che letali. Al momento possono offrire un vantaggio decisivo in un conflitto, ma alla lunga rischiano di rendere le guerre più facili da iniziare e più difficili da concludere.
I droni stanno diventando onnipresenti in Africa. Entro il 2023, circa 30 governi africani avevano acquistato qualche tipo di sistema senza pilota. I dati del progetto Armed Conflict Location and Event Data (ACLED) mostrano un’impennata dell’attività dei droni: nel 2024 sono stati effettuati 484 attacchi in 13 Paesi africani, più del doppio rispetto al 2023. Più di 1.200 persone sono state uccise in tali attacchi.
A differenza dei droni più piccoli a visuale in prima persona (FPV) che sorvolano i cieli dell’Ucraina, la maggior parte dei sistemi schierati dalle forze africane sono droni a media altitudine e lunga durata (MALE). Sono più ingombranti, volano più in alto e più a lungo, e trasportano carichi maggiori. Il più popolare è il Bayraktar TB2 della Turchia, che costa circa 5 milioni di dollari. Altri fornitori includono gli Emirati Arabi Uniti, la Cina e l’Iran.
Nella guerra tra Russia e Ucraina, l’onnipresenza dei droni da entrambe le parti ha prodotto un conflitto di logoramento. In Africa, invece, i droni hanno a volte offerto un vantaggio decisivo a una delle parti. Nell’estate del 2021, le forze ribelli del Tigray, nel nord dell’Etiopia, sono arrivate alle porte della capitale Addis Abeba, minacciando di rovesciare il governo. Ma la loro straordinaria avanzata ha lasciato esposte le linee di rifornimento. Il governo etiope aveva accumulato un grande arsenale di droni provenienti da Turchia, Iran ed Emirati Arabi Uniti. Li ha usati per devastare la logistica del Tigray e respingere l’assalto: un punto di svolta in una guerra che ha poi vinto. “Avremmo potuto catturare Addis Abeba facilmente”, lamenta un ex ufficiale dell’intelligence del Tigray coinvolto nell’offensiva. “Erano quei fottuti droni… Non avevamo modo di abbatterli.”
I droni hanno spostato l’equilibrio anche in altri conflitti. Prima degli attacchi delle RSF su Port Sudan, le forze armate sudanesi (SAF) avevano usato i droni per colpire le linee di rifornimento delle RSF, aiutandole a riconquistare Khartoum, la capitale, nel marzo scorso. Nel 2023, i droni turchi hanno aiutato la giunta maliana a riprendere la città settentrionale di Kidal, cacciando i separatisti tuareg che la controllavano da oltre un decennio.
Tuttavia, i droni da soli non sempre riescono a ribaltare la situazione. La riconquista di Khartoum da parte delle SAF ha richiesto mesi di estenuanti combattimenti casa per casa, sebbene i droni abbiano fornito supporto nella raccolta di informazioni. Non sono particolarmente utili quando gli avversari si nascondono in montagna o nelle foreste pluviali, oppure si insediano tra la popolazione civile. Nonostante il loro successo nel Tigray, i droni etiopi si sono rivelati inefficaci contro i ribelli nella regione montuosa di Amhara. In Mali, Niger e Burkina Faso, faticano a coprire le vastissime distanze delle campagne nel Sahel. Le insurrezioni jihadiste continuano a espandersi, poiché i combattenti si sono adattati rapidamente alla nuova minaccia: ora usano motociclette invece dei fuoristrada, per potersi disperdere rapidamente ed eludere la sorveglianza aerea. Nell’est del Congo, i combattenti dell’M23, una milizia sostenuta dal Ruanda, hanno usato sistemi di disturbo (jammer) per neutralizzare i droni delle forze di pace dell’ONU. Secondo alcune fonti, avrebbero anche abbattuto un drone cinese MALE in dotazione all’esercito congolese.
Soprattutto, poiché i droni sono economici, facilmente reperibili e trasportabili, possono essere acquistati da tutte le parti coinvolte in un conflitto. Il 13 giugno, nel nord del Mali, gli insorti tuareg sembrano aver usato droni FPV simili a quelli impiegati in Ucraina per devastare un convoglio di mercenari russi in marcia nel deserto.
La proliferazione dei droni offre ai governi un mezzo a basso costo per contenere le ribellioni riducendo le perdite tra le proprie truppe. Questo potrebbe ridurre la loro disponibilità a negoziare accordi di pace. Al tempo stesso, i droni rafforzano gli arsenali degli attori non statali e rendono più semplice per le potenze straniere sostenere i propri proxy in Africa. Il risultato potrebbe essere guerre più lunghe e più difficili da concludere nel continente.