
Negli ultimi anni sta prendendo forma una disciplina tanto improbabile quanto affascinante. Si chiama chessboxing e fonde due mondi all’apparenza inconciliabili, gli scacchi e il pugilato. Nata a Berlino nel 2003 come performance artistica a opera dell’olandese Iepe Rubingh, questa combinazione di strategia e forza bruta sembrava destinata a rimanere un’idea di nicchia; invece ha trovato terreno fertile, soprattutto in Gran Bretagna, dove ha messo radici e continua a crescere. Nel 2008 una fazione britannica si è separata dal circuito internazionale, iniziando a organizzare eventi propri e gettando le basi per una comunità autonoma. Oggi la Gran Bretagna è il paese che ha ospitato il maggior numero di incontri ufficiali e conta circa duecento chessboxer regolari. È stata anche la prima nazione a introdurre un sistema di classificazione degli atleti simile a quello delle arti marziali, con livelli che ricordano le cinture nel judo o nel karate.
Il meccanismo del chessboxing è semplice e surreale. Due contendenti si alternano tra round di scacchi rapidissimi e riprese di pugilato sul ring. Vince chi riesce a mettere KO l’avversario o a sconfiggerlo sulla scacchiera. Il risultato è una battaglia che unisce logica e istinto, concentrazione e aggressività, in cui un errore può nascere tanto da una svista su un cavallo quanto da un diretto mal calibrato.
A dare nuovo impulso alla disciplina è stata l’impennata degli scacchi online durante la pandemia di covid-19. In parallelo, il successo della serie “The Queen’s Gambit” ha riacceso l’interesse del grande pubblico per la scacchiera, rendendola improvvisamente cool. Il chessboxing ha beneficiato di questa attenzione, offrendo qualcosa che nessun altro sport possiede, la tensione mentale di una partita e l’esplosività fisica di un match di pugilato, fuse in un unico racconto. Ogni incontro è una narrazione drammatica in più atti, dove la strategia può crollare sotto un colpo ben assestato e un pugile esausto può ribaltare la situazione con una mossa vincente. Il pubblico è trasversale, appassionati di sport da combattimento incuriositi dagli scacchi, giovani nerd attratti dal ring, spettatori in cerca di esperienze nuove che mescolano corpo e mente.
Non mancano le critiche da parte dei puristi, che vedono in questa disciplina un’ibridazione forzata o addirittura una parodia. Ma il chessboxing, soprattutto in Gran Bretagna, si è guadagnato uno spazio autentico. È diventato una comunità, una cultura, una nuova forma di spettacolo. Un duello tra emisferi cerebrali, tra rigore intellettuale e pulsione fisica, tra mente e muscoli. E in un’epoca che chiede sempre più esperienze ibride, potrebbe rappresentare non una semplice curiosità, ma un’avanguardia.