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Petrolio, SUV e voli inutili: le città tagliano la pubblicità di chi inquina

beppegrillo.it - Marzo 12, 2025

Le città non aspettano più: mentre i governi tentennano, le amministrazioni locali prendono in mano la situazione e iniziano a dire NO alla pubblicità delle aziende che ci stanno trascinando verso il disastro climatico. Addio ai cartelloni di Shell, BP, compagnie aeree, SUV mastodontici e viaggi di lusso spacciati per sogni da realizzare: la pubblicità di questi prodotti sta sparendo dalle strade di Edimburgo, Sheffield e altre città europee. E non si tratta di una moda passeggera, ma di una presa di posizione netta: non si può predicare la neutralità climatica e poi permettere che i muri delle nostre città diventino manifesti pubblicitari per chi distrugge il pianeta.

In Olanda, L’Aia ha fatto lo stesso. Stoccolma? Pure. I trasporti pubblici di Göteborg, Montréal e Toronto hanno iniziato a ripulire i loro spazi pubblicitari. A Parigi e Lione, in Francia, sono stati introdotti divieti specifici per le pubblicità di auto ad alte emissioni e di voli low-cost. Amsterdam ha già vietato le pubblicità dei combustibili fossili nelle metropolitane e negli spazi pubblici. Anche Sydney e Barcellona stanno discutendo divieti simili. E ora altre città stanno discutendo mozioni simili. Ma attenzione: questa battaglia non nasce dal nulla. Si ispira a ciò che è stato già fatto con il tabacco, l’alcol e il cibo spazzatura. Ricordate quando le pubblicità delle sigarette erano ovunque? Sparite. Non è stato un caso. A Londra, il divieto di pubblicità sul cibo spazzatura nei trasporti pubblici ha ridotto il consumo di cibo spazzatura del 7% e fatto risparmiare 200 milioni di sterline al sistema sanitario nazionale. Ora tocca ai combustibili fossili e ai loro compari.

Perché? Perché la pubblicità spinge i consumi, e i consumi inquinano. Semplice. Uno studio del 2022 ha dimostrato che le compagnie aeree con i budget pubblicitari più alti vendono più biglietti. Un altro studio ha rivelato che la pubblicità nel suo complesso aumenta del 32% le emissioni di carbonio pro capite nel Regno Unito. La pubblicità non è innocua: normalizza modelli di consumo insostenibili e, peggio ancora, li traveste da scelte responsabili. Le compagnie petrolifere spendono miliardi per farci credere che siano “parte della soluzione”, quando sono il problema.

Alla COP29, oltre 1.000 città hanno fissato obiettivi di neutralità climatica. Più di 130 hanno aderito al Trattato di Non Proliferazione dei Combustibili Fossili,  ma se non smettiamo di bombardare le persone con messaggi che spingono al consumo di questi prodotti, gli obiettivi climatici restano parole vuote. L’IPCC (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) dice che ridurre la domanda potrebbe tagliare le emissioni globali tra il 40% e il 70% entro il 2050. Numerosi studi hanno riconosciuto che la pubblicità non solo stimola la domanda, ma crea anche mode e aspirazioni. Se vogliamo un mondo meno inquinato, dobbiamo anche smettere di sognarlo sbagliato.

E allora la domanda non è più se vietare questa pubblicità, ma quando lo faremo dappertutto. Le città hanno già iniziato. E se i governi continuano a dormire, saranno i comuni, i cittadini e chiunque abbia a cuore il futuro a fare la differenza.

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