Immagina di non sapere mai quando e dove avrai il prossimo black out. Forse potrebbe accadere sulle scale o in macchina in una strada trafficata, o mentre si viaggia, ci si allena, si fa il bagno.
Per un epilettico, questo terrificante scenario ipotetico è la preoccupazione quotidiana.
Ma cosa succederebbe se potessero ricevere una “previsione delle crisi”?
Il neurologo Mark Cook sta lavorando su un dispositivo innovativo che presto farà proprio questo. Se le persone con epilessia potessero sapere quando un attacco sta per arrivare, potrebbero prepararsi, avvisando un amico o un familiare, o prendendo un farmaco di emergenza solo per aiutare a fermare un attacco in corso.
Circa 50 milioni di persone in tutto il mondo hanno l’epilessia. Una popolazione più grande della Spagna.
L’epilessia è un “problema elettrico” nel cervello, dice Cook. Il cervello umano invia costantemente segnali elettrici, ma, nelle persone con il disturbo, i loro cervelli ogni tanto emettono una sorta di tempesta elettrica che si manifesta in convulsioni.
Ci sono molti tipi diversi di convulsioni: mentre alcune persone perdono la coscienza, altri possono avere spasmi o contrarsi, altri hanno difficoltà a parlare, o semplicemente perdono la cognizione di di ciò che succede.
Il problema è che questi attacchi possono verificarsi in qualsiasi momento e il 30-40% delle persone con epilessia ha una forma intrattabile della malattia che non risponde ai farmaci. Ma anche le persone con epilessia controllata possono avere convulsioni particolarmente forti nonostante normalmente i farmaci riescano a controllare i loro sintomi.
Non esistono trattamenti del tutto efficaci.
Un impianto elettrico nel torace ha mostrato di poter ridurre la frequenza delle crisi fino al 20-50%. Una dieta speciale ha dimostrato di ridurre la frequenza delle crisi del 50%. Ma non c’è alcuna garanzia che uno qualsiasi di questi interventi possa arrestare completamente gli attacchi di una persona, o addirittura ridurre il numero di convulsioni che si verificano.
Nel 2010, Cook e un team di ricercatori hanno ipotizzato che la registrazione costante dell’attività cerebrale potrebbe contenere la chiave per prevedere un attacco.
Alcuni pazienti riferiscono di sentirsi strani nelle ore o nei giorni prima di un attacco, e gli studi hanno dimostrato che il cervello delle persone con epilessia sono in “uno stato ipereccitabilità” in anticipo.
É pratica comune quella di sottoporsi a monitoraggio cerebrale, per registrare l’attività elettrica nel cervello. Ma il team di Cook si chiedeva: cosa succederebbe se un paziente potesse ricevere un monitoraggio cerebrale 24h, 7 giorni su 7?
Nel 2011, Cook e il suo team hanno iniziato a testare un dispositivo che monitorava costantemente l’attività cerebrale di una persona e registrava i dati. I 15 partecipanti allo studio erano adulti con epilessia intrattabile che stavano sperimentando tra 2 e 12 convulsioni al mese.
Dopo già un mese di sperimentazione, già era in lavorazione un algoritmo per prevedere gli attacchi e per registrare il numero di attacchi che le persone avevano effettivamente avuto.
Perché ciò? Le persone spesso non sanno quando hanno avuto convulsioni”, spiega Cook, “spesso hanno le convulsioni di notte e non lo sanno”.
Dopo aver sperimentato il loro primo dispositivo di previsione delle crisi, Cook e il suo team hanno deciso di realizzarne un dispositivo da polso, ma non era così efficace come uno piccolissimo, sistemato appena sotto il cuoio capelluto.
Attraverso la sua ricerca, Cook ha imparato molto. “Si pensava che gli attacchi nelle donne, che a volte si svolgono su un ciclo mensile, fossero legati a cambiamenti ormonali”, dice Cook, “ma, in realtà, abbiamo trovato lo stesso ciclo negli uomini altrettanto spesso”. I cicli di convulsioni non sono solo mensili: “Alcuni cicli sembrano durare 24 ore, altri circa una settimana”.
In questo momento è sconosciuto il motivo del perché questi cicli esistono e come funzionano.
Curare questo disturbo è molto importante, migliorerebbe la qualità della salute e della vita sociale delle persone malate. Spesso è difficile parlare del disturbo. C’è ancora molta ignoranza. La gente spesso pensa che sia psichiatrica o contagiosa. I malati vengono stigmatizzati e allontanati socialmente.
Speriamo che tutto cambi quando questa cura sarà ampiamente disponibile.