di Emanuele Isonio – Dal dissesto idrogeologico si salva solo il 6% del territorio italiano: il resto del Bel Paese ha un problema da non sottovalutare, fatto di frane, erosione, alluvioni. A rischio ci sono milioni di cittadini, milioni di edifici, centinaia di migliaia di monumenti e beni storici. Che l’Italia fosse un’area fragile non è una novità. Che il fenomeno sia così pervasivo dovrebbe spingere ad azioni immediate. La nuova fotografia è contenuta nella terza edizione del rapporto “Dissesto idrogeologico in Italia: Pericolosità ed indicatori di rischio”, pubblicato dall’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale).
Il documento quantifica nel 18,4% (55.609 km2) la parte di territorio nazionale è classificato a pericolosità elevata o molto elevata per le frane e/o a pericolosità idraulica media (tempo di ritorno tra 100 e 200 anni). Il trend è in crescita: rispetto al 2017, emerge un incremento percentuale del 3,8% della superficie classificata a pericolosità da frana elevata e molto elevata e del 18,9% della superficie a pericolosità idraulica media.
Ne risulta che il 93,9% dei Comuni italiani sorgono su aree a rischio. In essi abitano almeno 8 milioni di persone: un milione e 300mila sono residenti in zone a rischio frana, mentre quasi 7 milioni sono quelli che vivono in zone soggette alle alluvioni. L’Emilia Romagna la regione con i valori più elevati di popolazione esposta al rischio con quasi 3 milioni di cittadini. Seguono Toscana (oltre un milione), Campania (oltre 580mila), Veneto (quasi 575mila), Lombardia (oltre 475mila), e Liguria (oltre 366mila).
Al dato sulla popolazione fa riscontro anche quello degli edifici. I 14 milioni di strutture presenti in Italia sono state classificate in 3 livelli di pericolosità: molto elevata, elevata e media. Il rischio elevato e molto elevato riguarda oltre 565mila edifici, pari al 3,9%. Poco più di 1,5 milioni (10,7%) di strutture edilizie ricadono in aree inondabili nello scenario medio. Le industrie e i servizi ubicati in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata sono oltre 84mila con 220mila addetti esposti a rischio. Quelli che devono convivere con il pericolo di inondazione superano i 640mila (13,4%).
Anche il nostro immenso patrimonio architettonico e archeologico non è ovviamente esente da pericoli. Sugli oltre 213mila beni, quelli soggetti a fenomeni franosi sono oltre 12mila nelle aree a pericolosità elevata. Altri 26mila sono in aree a minore pericolosità, per un totale di 38mila. Il rischio alluvioni coinvolge quasi 50mila beni culturali.
“La strategia per la mitigazione del rischio idrogeologico deve mettere in campo una serie di azioni sinergiche che basandosi su un’approfondita conoscenza del territorio e dei fenomeni che lo caratterizzano, consenta di costruire una pianificazione territoriale integrata ed efficace” commenta Stefano Laporta, presidente di ISPRA. “Alle tradizionali misure strutturali vanno affiancate misure quali delocalizzazioni, manutenzione del territorio e delle opere di difesa, pratiche sostenibili di uso del suolo, formazione, informazione e preparazione dei soggetti competenti e della popolazione”.
Segnali più positivi riguardano invece l’erosione costiera. Dopo 20 anni di interventi di protezione, i litorali in avanzamento sono superiori a quelli in arretramento. Nel periodo 2007-2019, risulta in avanzamento quasi il 20% dei litorali nazionali e il 17,9% in arretramento. I tratti di costa protetti con opere di difesa rigide sono in progressivo aumento. Rispetto al 2000-2007, i litorali risultano stabili o in avanzamento. Diminuiscono invece dell’1% quelli in erosione. A livello regionale il quadro è più eterogeneo: i chilometri di costa in erosione superano quelli in avanzamento in Sardegna, Basilicata, Puglia, Lazio e Campania. Le regioni con i valori più elevati di costa in erosione sono Calabria (161 km), Sicilia (139 km), Sardegna (116 km) e Puglia (95 km).