“Io appartengo all’unica razza che conosco, quella umana.” Albert Einstein
di Sal Sparace – Stasera dopo aver finito il mio lungo turno di News in un TV Network britannico, chiamo il solito taxi, ed alla guida questa sera mi ritrovo un simpatico afghano.
Scambiamo due chiacchiere e il tassista si rende subito conto che conosco molto il suo paese, incuriosito mi chiede il paese di origine ed io spontaneamente rispondo: “Sono un italiano di Londra’’.
Negli anni ’80 partivo da Napoli per l’Inghilterra ma in realtà non potevo immaginare che sarei stato in qualche modo “contaminato” da tante culture diverse.
Nello studio del giornalista Rai Sandro Paternostro, per il quale lavoravo, conobbi un tecnico afghano. Mi chiese se mi servisse una casa dove vivere, risposi di si ma non immaginavo cosa mi aspettasse. Avevo solo 20 anni e dal quel giorno mi ritrovai a vivere con i Mujahideen. Erano gli anni della guerra. Tra il dicembre 1979 e il febbraio 1989, l’Afghanistan era il Vietnam: morirono 14 mila soldati russi e circa 2 milioni di afghani. Lo stesso Shapur che mi ospitava era amico del Re dell’Afghanistan in esilio a Roma.
Tutti erano scappati. Connobbi così anche Zalmaï che passava le sue giornate a sparare. Sparava solo per uccidere. Tutta la sua famiglia era stata sterminata e la sua unica ragione di vita era uccidere il più possibile, come un traguardo, una meta senza senso. Ne arrivavano tanti e si inchinavano quando mi vedevano baciando poi il pavimento: quest’amore e rispetto della terra nonostante tutto. Vivevano di notte e dormivano di giorno. L’Inghilterra non era ancora pienamente nell’Europa politicamente ma aveva aperto le porte ai profughi. Ne arrivavano molti con grandissimi traumi, ed io, nel mio piccolo, ci passavo giornate intere. Mi chiedevo dove fossi finito, in quale realtà mi trovassi. Lentamente la pizza, la pasta, i panorami, le canzoni di Baglioni, tutto si allontanava da me. Al loro posto c’erano le candele accese di notte, i tappeti rosso vivo, i suoni di canzoni con ritmi lenti, lo stare seduti a terra con i piedi scalzi o il mettere i giornali sul pavimento ed appoggiarci pane e kebabs. Non riconoscevo nulla, usi, abitudini, pensieri.
Era la fine dell’anno, mi ritrovai in un pub dove incontrai Lea, una donna scozzese che mi parlava di quanto il cattolicesimo fosse il soffocamento dell’essere. Pensavo a mia madre a Napoli, e a cosa potesse pensare ascoltando quei discorsi. Dopo un anno volevo scappare da quelle storie afghane e così conobbi un pakistano; mi disse che sua moglie indiana aveva delle stanze libere. Così ci andai e di colpo fui catapultato in India, con usanze completamente diverse. Lui, Saleem, scriveva canzoni tutto il giorno, le registrava e me le faceva ascoltare. Io non ci capivo nulla ma imparavo che la vita fosse anche danza, quella intorno agli alberi per intendersi. Alcune usanze non mi piacevano per niente ma non mi rendevo conto che in me stava già avvendendo una trasformazione: Londra non era l’Inghilterra e gli inglesi, ma tutto il resto del mondo.
Andavo spesso a Leicester Square e tra le luci sempre accese della città frenetica, incontravo i Coreani che mi parlavano di un nuovo messia.
Gli anni sono volati e di italiani non ne ho mai incontrati forse perchè non avessi poi così tanta voglia di quello che, infondo, già sapevo. Dopo 30 anni sono ancora qui. Tante usanze e abitudini che prima mi erano estranee ora sono anche mie. Sono un contaminato, geneticamente modificato.
E’ bello vedere oggi il mio piccolo Emmanuel di soli 5 anni andare a scuola con bambini di tutte le razze. Per lui è normale. Non fa differenze, sono i suoi amici: li abbraccia, li bacia, gli sorride beato. Per lui non hanno colore e non esistono frontiere.
Scendo dal taxi salutando il tassista nella sua lingua madre. Lo ringrazio: Si, sono io, un italiano di Londra.
Alcuni dati
Sono oltre 300 le lingue parlate nella capitale inglese e ben 50 comunità straniere che rappresentano minoranze etniche. Si calcola che circa il 37% dei cittadini londinesi sia nata all’estero. Oltre il 20% della popolazione totale è costituita da cittadini di origine asiatica, per la maggior parte indiani, oltre il 6%, pakistani, bengalesi, cinesi e arabi. Come conseguenza della presenza di molteplici gruppi etnici anche le religioni praticate dalle varie comunità londinesi sono assai numerosi.
La fede più diffusa è comunque quella cristiana cui appartiene circa il 58% della popolazione. Gli induisti sono circa il 4% della popolazione, i musulmani sono circa il 3%, gli ebrei il 2%, i Buddisti quasi l’1%. Sono ovviamente presenti anche le chiese evangeliche. E’ comunque alta anche la percentuale degli atei, vicina al 16%.