
Il 24 aprile 2025, The Economist ha pubblicato un articolo curioso e sorprendente, intitolato “Perché le forze di polizia britanniche hanno iniziato a coltivare cannabis.” Il reportage racconta una singolare iniziativa avviata dalla polizia dell’Essex, che ha deciso di coltivare cannabis all’interno di strutture controllate, con l’obiettivo di migliorare la qualità delle prove da presentare nei processi contro i trafficanti di droga.
Il progetto nasce dall’esperienza diretta degli agenti, che in passato si erano trovati spesso in difficoltà a causa della natura delle piante sequestrate durante le operazioni antidroga. Le piante di cannabis trovate nei raid erano spesso immature, ancora umide o deteriorate. Questo rendeva molto difficile stabilire il loro reale valore di mercato e forniva ai difensori degli imputati argomenti validi per ridurre o annullare le confische di beni previste dal Proceeds of Crime Act (POCA) del 2002. Secondo questa legge, infatti, la polizia può sequestrare e trattenere una parte dei beni ottenuti tramite attività criminali, utilizzando poi le somme recuperate per finanziare la lotta al crimine o progetti di utilità sociale.
Di fronte a queste difficoltà, l’ispettore capo Ian Hughes e il suo team hanno deciso di innovare: quando la polizia sequestra una coltivazione illegale, anziché distruggere immediatamente le piante, esse vengono trasferite in una struttura appositamente allestita. Qui, in un ambiente con temperatura e umidità controllate, le piante vengono curate, fatte maturare ed essiccate correttamente, proprio come farebbero i trafficanti esperti. Una squadra di sei agenti è stata formata appositamente per gestire questa attività, imparando le tecniche di coltivazione per garantire che il prodotto finale rispecchi esattamente quello che sarebbe arrivato sul mercato nero.
Grazie a questa strategia, la polizia dell’Essex è riuscita a ottenere prove molto più solide e precise in tribunale, aumentando il numero di confische di beni ai danni dei trafficanti. Un esempio recente riportato da The Economist riguarda un trafficante di Colchester, condannato a pagare una multa di 53.000 sterline, sotto la minaccia di una pena detentiva in caso di mancato pagamento.
L’iniziativa dell’Essex ha suscitato interesse anche in altre forze di polizia britanniche. Alcuni corpi stanno sperimentando soluzioni simili, come l’uso di container modificati per creare mini-serre mobili in cui completare la maturazione delle piante sequestrate. L’idea di poliziotti che coltivano cannabis può sembrare paradossale, ma riflette un approccio pragmatico per rafforzare l’efficacia delle indagini e dei sequestri. Tuttavia, il progetto non è privo di critiche. Alcuni osservatori si domandano se sia opportuno impiegare risorse pubbliche per attività che, nella sostanza, imitano quelle dei criminali, mentre altri sottolineano che questa pratica rappresenta una risposta intelligente alle difficoltà poste dalle normative e dalle strategie difensive degli avvocati.
L’ispettore Hughes, consapevole del carattere inusuale dell’iniziativa, ha comunque rassicurato l’opinione pubblica: le strutture sono situate in luoghi sicuri, vicino a unità di polizia armata, per prevenire qualsiasi tentativo di furto o sabotaggio. La cannabis, una volta utilizzata come prova, viene successivamente distrutta.
In definitiva, la coltivazione controllata della cannabis da parte delle forze dell’ordine sembra destinata a consolidarsi come una nuova frontiera nella lotta al crimine organizzato nel Regno Unito. Un esempio lampante di come l’adattabilità e l’ingegno possano trasformare persino un’apparente contraddizione in un efficace strumento di giustizia.