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Nel Paese dei Moratti – Intervista a Giorgio Meletti

beppegrillo.it - Ottobre 12, 2010
Nel Paese dei Moratti – Intervista a Giorgio Meletti
(9:53)

In Italia ci sono dei miti, uno di questi è il capitalismo buono dei Moratti. Come si fa a voler male a dei galantuomini che investono la mancia della domenica per la sicurezza degli operai di Sarroch (CA) e rendono poveri in canna gli azionisti che hanno comprato le azioni della Saras, deprezzate quasi in tempo reale rispetto al loro collocamento? I Moratti sono ovunque. A capo della più grande raffineria del Mediterraneo costruita in Sardegna, in un (ex) paradiso terrestre, presidenti dell’Inter, consiglieri della Pirelli, sindaci di Milano con il PDL, ma anche consiglieri di opposizione nella stessa città. Il loro tratto nobile e la condiscendenza nei confronti della plebe che li contraddistingue da sempre li rende superiori a ogni bassezza. Loro sì che sono dei sciur.
“Quando una famiglia come Moratti spende per la sicurezza di oltre 2 mila operai della sua fabbrica, meno di quanto spende per lo stipendio del portiere dell’Inter Julio Cesar, vuole dire che qualcosa nel capitalismo italiano non sta funzionando!” dal libro di Giorgio Meletti: ” Nel Paese dei Moratti – Sarroch Italia, una storia ordinaria di capitalismo coloniale “.

Intervista a Giorgio Meletti, giornalista

Il capitalismo coloniale dei Moratti

(espandi | comprimi)

“Sono Giorgio Meletti, ho firmato questo libro intitolato “Nel Paese dei Moratti – Sarroch Italia, una storia ordinaria di capitalismo coloniale”. Tutto parte da una giornata indimenticabile per me della storia del capitalismo italiana che è il 26 maggio 2009, quando a Sarroch, vicino a Cagliari, tre operai sono morti in una maniera incredibile, inspiegabile nella raffineria Saras di proprietà dei fratelli Moratti. Quella vicenda mi ha colpito per varie ragioni: 1) i mass media l’hanno quasi completamente ignorata, tre morti sul lavoro in un colpo solo, normalmente interessano le cronache per alcuni giorni, pensate alla Thyssen Group che ha monopolizzato per settimane giornali e televisioni. In questo caso tutti si sono subito dimenticati, non ho potuto non pensare che al fondo di questo ci fosse un atteggiamento vagamente razzista, perché uso questa parola? Perché in Italia esiste una forma di capitalismo coloniale che è quella che io ho voluto raccontare, ci sono aziende o famiglie che si impadroniscono di pezzi di territorio, specificamente nel sud del Paese e ne determinano la vita, il futuro, le scelte, in realtà ne sfruttano le risorse ambientali e il lavoro, sfruttano la popolazione residente, senza minimamente occuparsi di dare a questi territori, a queste comunità, un progetto di futuro.
Per questo ho scritto in questo libro che i Moratti a Sarroch, come la FIAT a Termini Imerese, hanno un comportamento che somiglia a 150 anni di distanza, a quello della Compagnia delle Indie. Ma l’incidente di Sarroch in sé è una storia che merita di essere raccontata, perché si parla genericamente della sicurezza sul lavoro e degli incidenti di chi lavora in fabbrica, senza che, quasi mai, ci sia un’indagine approfondita, in questo caso, per esempio, è interessante notare come “Il Sole 24 ore”, principale giornale economico italiano, di proprietà della Confindustria, il giorno dopo l’incidente, lo riportò in un breve articolo a pag. 23, ipotizzando che i tre operai fossero rimasti intossicati da residui di azoto. Pensate un po’, l’azoto compone l’aria che respiriamo per il 79%, quindi non è proprio tossico, l’azoto in sé sotto forma di residui, ma non esistono i residui di azoto, comunque è innocuo, il problema è che l’azoto diventa letale quando viene respirato puro. Se l’azoto dal 79% passa al 90/95 o 100% uccide in 10 secondi, questa banale scoperta che chiunque di noi può fare leggendo Wikipedia sembra che a Saras non sia stata fatta da nessuno, questi tre operai sono potuti entrare dentro una cisterna satura di azoto, tutti sono morti in 10 secondi e l’indagine fatta dalla magistratura ha scoperto che la legge italiana, la legge sulla sicurezza del lavoro, prevede 10 diverse regole per la stessa cosa, per impedire che un uomo entri in una cisterna satura di azoto. Qualcuno dice che la legge è ridondante, che è oppressiva per le imprese, una legge che va alleggerita. Questo qualcuno è la Confindustria, ma anche il ministro del Lavoro Sacconi lo dice spesso, è un dibattito che va avanti da tempo.
In questo caso la legge si è rivelata insufficiente, delle 10 regole per impedire che un uomo entri in una cisterna satura di azoto e muoia all’istante, la Saras, queste 10 regole le ha violate tutte e 10 e questa è la ragione per cui proprio l’azienda in sé, come persona giuridica, adesso risulta indagata per omicidio colposo plurimo dalla Procura della Repubblica di Cagliari.

I tre morti dimenticati di Sarrach e gli azionisti della Saras

(espandi | comprimi)

Quando succede una cosa del genere dentro una fabbrica, credo che non si possa non collegare un fatto così al ritratto di un capitalismo italiano in pieno declino, quando la famiglia Moratti che possiede in Sardegna la più grande raffineria del Mediterraneo, spende per la sicurezza degli altri 2 mila operai che ci lavorano tutti i giorni, in mezzo a quegli impianti pericolosissimi dove ci sono temperature di centinaia di gradi, pressioni dei fluidi pazzesche, basta che salti un bullone e può essere una strage… quando una famiglia come Moratti spende per la sicurezza di oltre 2 mila operai della sua fabbrica, meno di quanto spende per lo stipendio del portiere dell’Inter Julio Cesar, vuole dire che qualcosa nel capitalismo italiano non sta funzionando!
Nel libro ho citato ciò che ha scritto su Facebook un operaio della Saras tre giorni prima che gli operai morissero dentro la cisterna: “Il problema è che per la sicurezza il precariato è deleterio, perché per lavorare in una raffineria ci vogliono mesi e talvolta anni per abituarti e assimilare i concetti di base per non farsi male e ecco che il male dell’Italia si scontra con il problema della sicurezza, come fa una persona che per mesi scalda le panche della piazza, a destreggiarsi in quella giungla di linee e di pericoli?”, questa è l’analisi di un operaio che non a caso parla dei precari, dei tre operai morti, due erano giovani operai precari, senza un posto di lavoro fisso.
Il precariato non è solo una forma del disagio dei lavoratori giovani, e spesso neanche giovani, è una forma di organizzazione delle aziende italiane, è una forma determinante, questo è un libro sulla sicurezza del lavoro, sulla storia dei tre operai, ma è anche un libro che fotografa tutti i difetti strutturali del capitalismo italiano, quelli per i quali l’economia italiana da 15 anni ha smesso di crescere.
La famiglia Moratti che spende per la sicurezza degli operai meno che per lo stipendio del portiere dell’Inter, è la stessa famiglia che un giorno decide di vendere, di collocare in Borsa 1/3 del capitale della Saras, i fratelli Gianmarco e Massimo Moratti intascano 1.700.000.000 Euro e vendono per 6 Euro l’una delle azioni che oggi, a 4 anni di distanza, valgono meno di un Euro e mezzo, i risparmiatori che hanno investito sulle azioni della Saras hanno perso oltre 3/4 del loro capitale in 4 anni e adesso aspettano l’esito di un’inchiesta giudiziaria che su quell’operazione finanziaria è stata fatta e per la quale una serie di banchieri d’affari tra i più rinomati, risultano indagati.

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