
Elon Musk torna a parlare di reddito universale, ma questa volta lo fa con una variante che ci suona molto “familiare”; non lo chiama solo “universale” ma “elevato”. Nel suo intervento al Saudi-U.S. Investment Forum a Riyadh qualche giorno fa, Musk non si è limitato di ribadire la necessità di un reddito di base per tutti, ha dichiarato infatti: “A volte si parla di Universal Basic Income, ma io credo che sarà più che basic, sarà un Universal High Income, dove chiunque potrà avere tutto ciò che desidera.”
Un reddito universale, sì, ma elevato, e non è quindi solo una questione di parole. Musk immagina un sistema in cui la ricchezza generata dalle macchine (robot, intelligenze artificiali, automazione generalizzata) rende possibile un nuovo patto sociale. L’essere umano non lavora più per sopravvivere, ma accede a un livello di benessere garantito. Il lavoro diventa opzionale, il tempo torna a essere umano.
Quando Musk usa il termine high, non è solo una questione di parole e non si riferisce a un semplice aiuto per sopravvivere. Parla di un reddito sufficiente a garantire una vita confortevole, non marginale. L’idea è che, in un’economia in cui i robot fanno quasi tutto e l’intelligenza artificiale genera un surplus enorme, il lavoro umano diventi opzionale e il benessere venga redistribuito. Non più un sussidio di sussistenza, ma un dividendo sociale per far parte della civiltà post-lavoro. C’è anche un salto culturale. In questo modello, il tempo dell’essere umano non viene più misurato in ore vendute ma riconsegnato alla creatività, alle relazioni, alla libertà. La produttività è affidata alle macchine, e le persone possono occuparsi di ciò che conta davvero. È una ridefinizione dello status sociale, non lavora più chi ha bisogno, ma chi lo desidera. Infine, la scelta della parola high è anche comunicativa. “Basic” sa di “povertà amministrata”, di sopravvivenza gestita. “High” suona come abbondanza, ambizione, futuro. Musk è un venditore di futuri, e in questo linguaggio c’è la volontà di alzare l’asticella. Se il mondo cambia radicalmente, anche la redistribuzione deve salire di livello.
Questa visione, che qualche anno fa sembrava utopica, sta facendo breccia in un numero crescente di menti influenti della Silicon Valley e non solo. Sam Altman, CEO di OpenAI, ha investito personalmente nel progetto Worldcoin, una criptovaluta pensata per essere distribuita universalmente, proprio come forma di reddito di base globale. Altman è convinto che l’intelligenza artificiale aumenterà la produttività a tal punto da rendere inevitabile una redistribuzione strutturale della ricchezza. Lo dice chiaramente: “L’IA produrrà un surplus economico enorme. Dovrà essere condiviso.”
Anche Mark Zuckerberg, in occasione di un discorso ad Harvard, ha sostenuto l’idea di un reddito di base come strumento per dare a tutti “una rete di sicurezza e la libertà di provare cose nuove”. Per lui, l’innovazione non può più essere appannaggio di chi ha tempo e denaro: serve una base solida su cui chiunque possa costruire.
Richard Branson, fondatore di Virgin, ha definito il reddito universale “una proposta affascinante che merita di essere esplorata”, soprattutto in un mondo dove il lavoro tradizionale rischia di ridursi drasticamente. E Pierre Omidyar, fondatore di eBay, ha finanziato progetti pilota sul reddito universale in diversi Paesi.
Ecco di seguito il video dell’intervento recente di Elon Musk: