di Associazione Menomale
Questa mattina, durante la mia solita camminata ai Giardini, invece della playlist che ascolto sempre ho selezionato “Brani” e lasciato che la musica scorresse a caso. Dopo un paio di canzoni dimenticate, sono arrivati i messaggi vocali. Una quantità infinita di messaggi. E la cosa mi ha turbato profondamente, perché chi me li aveva mandati non c’è più.
Morta all’improvviso. Una persona a cui ho voluto veramente bene. Una di quelle vite strappate via da una dipendenza che a Bologna non è più un vizio, ma una struttura, un Format. Una vera e propria epidemia che si preferisce nascondere dietro formule più accettabili: “così giovane e bella… sarà stato il cuore che l’ha tradita”, anche perchè i tossicodipendenti hanno il buon cuore di non farsi trovare più morti con un ago nel braccio
Lei non telefonava mai: parlava solo attraverso WhatsApp. Ogni mattina mi svegliavo con decine, a volte un centinaio di messaggi vocali. E adesso sono tutti lì.
I morti non hanno mai parlato così tanto.
Non siamo soli in questo paradosso. Elaine Kasket, psicologa cibernetica, scrive che oggi abbiamo più “resti digitali” che mai: email, chat, note vocali, video. Abbastanza materiale da costruire conversazioni che sembrano indistinguibili da quelle reali.
Registrazioni vocali e segreterie esistono da decenni, ma la novità storica è la scala. Gli smartphone e le chat vocali fanno sì che persone comuni lascino centinaia di clip. Parallelamente, l’intelligenza artificiale permette persino di sintetizzare nuove frasi con quella voce, mantenendo i defunti presenti in forme inedite.
Così, da un cimitero in Cina , un padre in lutto, Seakoo Wu, poggia il telefono sulla lapide del figlio e fa partire una registrazione. Sono parole che il giovane studente non aveva mai pronunciato in vita, ma che l’intelligenza artificiale ha reso possibili.
Sul Guardian e sul Time, si parla sempre più di “resurrezione digitale”: griefbot, deathbot, avatar dei defunti che sollevano promesse di conforto ma anche paure di dipendenza, violazioni di privacy, sfruttamento commerciale del dolore.
L’interesse per la resurrezione digitale può essere la conseguenza del declino delle credenze religiose tradizionali, ma del permanere del desiderio di trascendenza e di amore eterno, reindirizzato verso soluzioni tecnologiche. «È un’espressione della modernità estrema, la convinzione che la tecnologia conquisterà la morte ed è un modo ateo di parlare con i fantasmi”.
Mi torna in mente l’ultimo libretto di Jean Baudrillard, L’illusione dell’immortalità. Per Baudrillard la morte non è solo la fine biologica, ma un evento simbolico necessario, ciò che dà senso al tempo, alle relazioni, alla vita stessa.
Abolirla con la tecnica — avatar digitali, cloni, promesse di “immortalità” artificiale — è in realtà una sciagura peggiore della morte stessa. Distrugge il limite, priva la vita di confini, la riduce a pura ripetizione: una sopravvivenza senza vita.
In altre parole: se la morte è il “limite” che rende autentica la vita, allora l’immortalità è la catastrofe suprema, perché ci lascia intrappolati in una copia infinita di noi stessi.
« Restiamo a desiderare le cose che abbiamo ucciso, e la nostalgia assume tutto il suo significato più sadico. Questo è il nostro ideale di oggi: un soggetto privato dell’altro, spogliato della sua natura divisa e condannato alla metastasi, alla pura ripetizione. Non più l’inferno degli altri, ma l’inferno dell’Identico. E’ la “vendetta dei morti”, che ci perseguitano attraverso la loro assenza.»
I griefbot rappresentano questa “vendetta”: più cerchiamo di tenerli in vita digitalmente, più la loro assenza diventa presente e ossessiva. È una presenza spettrale, che non permette al lutto di compiersi.
E allora la scelta diventa semplice.
Ciao Annalisa, cancello tutti i tuoi messaggi. Ti lascio libera. È giusto restituirti l’unicità della tua vita e della tua voce. E i tuoi messaggi siano vento, e non catene
E torno alla musica. Non sempre la stessa playlist — per quanto meravigliosa — ma altra musica, perché anche la memoria ha bisogno di muoversi, e non di restare intrappolata in una ripetizione infinita. Come si sarà capito, sono contro i loop e i format, perché impediscono allo scorrere della vita di fluire. E restiamo schiacciati da un passato che continua a fissarci, come lo sguardo di Medusa, lasciandoci immobili e paralizzatti e in cui solo l’oblio , come uno scudo , riesce a proteggerci e salvarci.






