di Bruno Lombardi – La transizione energetica e la decarbonizzazione, con gli enormi investimenti ad essi collegati, sembrano smuovere anche il panorama energetico nazionale.
Si sta tentando, almeno formalmente, di costituire due poli ben distinti. Il primo, facente capo al Gse, si dovrebbe “occupare in via esclusiva di gestione dei servizi energetici con particolare riferimento allo sviluppo delle energie rinnovabili, all’efficienza energetica, alla gestione degli oneri di sistema e dei flussi informativi dell’intero sistema elettrico”, mentre il secondo, legato all’Enea, si dovrebbe “occupare dello studio, ricerca ed innovazione tecnologica applicati al settore delle tecnologie energetiche avanzate e dei sistemi energetici avanzati”.
Questo disegno riorganizzativo pare abbia generato un parere negativo dell’Arera, l’Authority per l’energia, reti e ambiente, procedura alquanto irrituale.
Senza entrare nel merito del disegno e del suo faticoso procedere, constatiamo semplicemente ancora una volta come, a fronte di roboanti quanto generiche declaratorie degne del miglior Cetto La Qualunque, non si individui e definisca una strategia industriale che contemperi le necessità energetiche dell’attuale società.
Ricordiamo mestamente che, a fronte di enormi investimenti fatti negli ultimi 20 anni sul fronte generazione elettrica da fonte rinnovabile, principalmente eolica e fotovoltaica, e sovvenzionata con incentivi ricadenti sulla bolletta elettrica, i cosiddetti “oneri di sistema” incidono per più di un terzo dell’importo della bolletta stessa. Ossia l’utente medio paga oggi più di prima, anche se le fonti primarie, sole e vento, sono generosamente offerte dalla natura a titolo gratuito.
Non sarà che forse il “sistema” è inefficiente? Non sarà che l’architettura attuale, disegnata nel dopoguerra per le esigenze di una rapida reindustrializzazione e messa in crisi dall’avvento delle “fonti non programmabili” sia ormai obsoleta?
Continuiamo a sovvenzionare “riserve calde” basate su tecnologie costose ed inquinanti, mentre non normiamo il V2G, ossia lo scambio energetico bidirezionale fra le capienti batterie dei veicoli elettrici e la rete, in modo da utilizzare le batterie stesse come serbatoio tampone in caso di sovraccarico della rete elettrica.
Proclamiamo fieri ed orgogliosi di procedere con lo sviluppo di tecnologie e sistemi energetici avanzati basati sull’innovazione tecnologica, ma non una parola sullo Smart Utility District, il polo tecnologico siciliano per l’economia circolare ricadente nell’area ex BluTec.
Bisogna ripensare l’elettricità, il suo ruolo di commodity è al termine mentre si prospettano altre applicazioni specialmente nel campo della mobilità. Ma questo non significa, per utilizzare le parole del Prof. Butera del Politecnico di Milano “voler continuare a passare ore semifermi in una scatola di metallo, però in silenzio..”.
Il veicolo elettrico non è un mezzo di sostituzione dei veicoli con motore endotermico, è una piattaforma tecnologica di interscambio di energia e di informazioni che consente di fare meno km a parità di produttività personale, con diminuzione di incidentalità e miglioramento della qualità della vita e dell’ambiente.
Di questo dovrebbero occuparsi GSE, Enea, Arera. Pragmaticamente, non qualunquemente…
L’AUTORE
Bruno Lombardi, esperto di energia, titolare della DSI e Direttore di Master “Energia e Mobilità Sostenibile”. Ha lavorato in contesti internazionali per i maggiori gruppi italiani e ricoperto posizioni apicali in tre diverse multinazionali operanti nel campo dell’energia. Attualmente sta sviluppando su Roma, in partnership con Enea ed Enel X, un progetto EU per la realizzazione di un test pilota di Smart Service Station, uno hub di energia per gli EV e di servizi per gli utilizzatori. https://www.linkedin.com/in/bruno-lombardi-b1251317