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Elettrica, ibrida, a idrogeno: qual è davvero l’auto più pulita?

beppegrillo.it - Giugno 16, 2025

Nel dibattito sull’impatto ambientale delle diverse tecnologie per il trasporto privato, circolano spesso opinioni contrastanti e dichiarazioni perentorie. Per orientarsi, è utile partire dai dati. Negli ultimi anni sono stati condotti numerosi studi scientifici per valutare, su basi oggettive, quali siano le soluzioni più efficaci in termini di emissioni e di efficienza energetica.

Una sintesi aggiornata di queste analisi è stata recentemente proposta da una ricognizione pubblicata sul Corriere della Sera da Data Room che ha raccolto i risultati di ricerche indipendenti condotte da soggetti autorevoli a livello internazionale. Tra queste, figurano il lavoro dell’International Council on Clean Transportation (Icct), una rassegna bibliografica sugli studi LCA commissionata dal Ministero dell’Ambiente al professor Bruno Notarnicola, un’indagine della società Ricardo Group per la Federazione Internazionale dell’Automobile, e il documento “Decarbonizzare i trasporti”, redatto per il Ministero delle Infrastrutture da un gruppo di ricercatori italiani, tra cui Nicola Armaroli del CNR.

Le valutazioni convergono su un punto essenziale: ad oggi, la tecnologia con il minore impatto ambientale lungo tutto il ciclo di vita del veicolo è quella elettrica a batteria. I dati sulle emissioni di CO₂ per chilometro, considerando produzione, uso e dismissione del veicolo, oltre alla produzione del carburante o dell’energia, mostrano una netta differenza: 100 grammi per l’auto elettrica, contro i 267 di una vettura a benzina, i 197 di una ibrida non ricaricabile, i 166 di una ibrida plug-in e i 136 di un veicolo a idrogeno.

Guardando al futuro, queste differenze si accentueranno. Nel 2050, si stima che le auto elettriche a batteria emetteranno circa un terzo in meno di CO₂ rispetto a quelle a idrogeno e tra il 70% e l’85% in meno rispetto ai veicoli a combustione interna. Questo grazie alla crescente diffusione delle fonti rinnovabili e al miglioramento dei processi di produzione e riciclo delle batterie.

La tecnologia a idrogeno, pur promettente sotto alcuni aspetti, presenta un’efficienza inferiore. La produzione di idrogeno verde richiede energia e acqua, e il processo complessivo, dall’elettrolisi alla riconversione in elettricità a bordo, comporta un dispendio energetico triplo rispetto alla semplice ricarica di una batteria. In Italia, la diffusione è ancora molto limitata; circolano 65 auto a idrogeno e sono attive solo due stazioni di rifornimento. Anche nei documenti strategici nazionali si riconosce che, per il trasporto leggero su strada, l’idrogeno non è una soluzione prioritaria.

Per quanto riguarda i biocarburanti, il quadro è variegato. La normativa europea prevede che possano essere utilizzati solo se prodotti da scarti, senza sottrarre risorse alle coltivazioni alimentari. Tuttavia, buona parte dei biocarburanti oggi in commercio proviene da materie prime importate da paesi come Cina, Indonesia e Malesia. In molti casi si tratta di olio di palma trasformato in Pome, un sottoprodotto che dovrebbe qualificare il combustibile come “sostenibile”. Secondo l’organizzazione Transport & Environment, però, la quantità dichiarata di Pome supera di gran lunga quella effettivamente disponibile, sollevando dubbi sull’effettiva provenienza delle materie prime.

In ogni caso, i biocarburanti “buoni”, cioè realmente prodotti da rifiuti, sarebbero in grado di coprire al massimo il 5% del fabbisogno del parco auto italiano. A questo si aggiunge il fatto che, dal 2035, non sarà più possibile immatricolare auto a combustione, anche se alimentate da biofuel.

Un discorso a parte meritano gli e-fuel, o carburanti sintetici, che si ottengono combinando idrogeno e CO₂ catturata da processi industriali. Il principio è quello della compensazione, l’anidride carbonica emessa durante l’uso viene bilanciata da quella utilizzata per produrre il combustibile. Si tratta però di un processo ancora molto costoso e ad alta intensità energetica. Oggi un litro di e-fuel può costare tra i 3 e i 5 euro. Le applicazioni concrete sono ancora limitate, un esempio è l’impianto pilota di Porsche in Patagonia, che produce 100 tonnellate all’anno. Per confronto, il trasporto su strada nel mondo consuma ogni anno circa 2,5 miliardi di tonnellate di carburante. Tutti questi elementi, raccolti e messi a confronto da chi ha condotto questa attenta e preziosa sintesi, delineano un quadro coerente. Le tecnologie alternative esistono, ma non tutte hanno lo stesso grado di maturità, efficienza o sostenibilità. Tra queste, la mobilità elettrica a batteria si conferma oggi come la soluzione più efficace per ridurre le emissioni su larga scala, con ulteriori margini di miglioramento già tracciati per i prossimi decenni. Conoscere questi dati aiuta a fare scelte più consapevoli e a impostare con realismo il percorso della transizione ecologica.

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