
In Italia ci sono tantissimi progetti che danno valore ai territori, che propongono modelli innovativi capaci di unire economia, ambiente e comunità e noi con il Blog cerchiamo di raccontarvi parte di queste innumerevoli realtà. Oggi vogliamo presentarvi il progetto di Angelo Amato di Lecce, che propone un’idea coraggiosa: trasformare l’agricoltura italiana in un motore di energia pulita, senza rinunciare alla produzione di cibo e al rispetto del paesaggio.
Unire cibo ed energia, sole e raccolti, restituendo dignità economica e ambientale a chi lavora la terra.
In Italia l’agricoltura ha sempre fatto i conti con il sole, ma oggi, tra crisi climatica e transizione energetica, quel sole può diventare anche fonte di elettricità. Come? Attraverso l’agrivoltaico avanzato: una nuova generazione di impianti solari alti fino a 4 metri, con pannelli semitrasparenti, sotto cui si può continuare a coltivare alberi da frutto, ulivi, viti, ortaggi. Non solo: queste strutture proteggono le colture dalle intemperie sempre più violente, riducono il consumo d’acqua, e aprono a un nuovo tipo di agricoltura tecnologica e sostenibile, con irrigazione a goccia controllata dall’intelligenza artificiale e sistemi di stoccaggio dell’acqua piovana. E soprattutto portano reddito energetico: dai 90 ai 110 mila euro lordi per ettaro, ogni anno. Non pochi, per chi finora era costretto a vendere sottocosto il proprio raccolto. Come ogni progetto ambizioso, richiede attenzione su alcuni punti chiave. Il rischio è che i profitti vadano più agli investitori energetici che agli agricoltori. Già nella prima tornata del PNRR, il 70% dei fondi è finito a grandi gruppi, tramite associazioni temporanee d’impresa. Il contadino? Titolare del campo, ma non della rendita. La proposta è chiara: vincolare gli incentivi a un equilibrio minimo tra produzione agricola ed energia, ad esempio richiedendo almeno il 20% di reddito agricolo effettivo. E promuovere colture ad alto valore, come kiwi, melograni, olivi, viti, ortaggi pregiati.
C’è un’altra ambizione, ancora più radicale: usare l’energia prodotta nei campi per generare idrogeno verde, un combustibile pulito che emette solo acqua e ossigeno, per far muovere treni, autobus e auto, e potrebbe alimentare intere filiere locali di trasporto pubblico sostenibile. Regioni come la Puglia, il Trentino-Alto Adige e il Veneto ci stanno già lavorando. Alcune hanno comprato treni a idrogeno, altre hanno installato le prime stazioni. E se fossero proprio le aziende agricole a diventare i nuovi distributori di energia, custodendo insieme il cibo e il carburante del futuro? Il sole potrebbe tornare a essere, come ai tempi di Enrico Mattei, una leva di indipendenza energetica, non più in mano a monopoli fossili o batterie asiatiche, ma prodotta in loco, in modo pulito, diffuso, democratico.
È una visione ambiziosa, sì, ma anche concreta e ci riguarda tutti. Il progetto prevede tavoli tra agronomi, istituzioni, banche locali e produttori; investimenti accessibili anche ai piccoli contadini; scuole di formazione per trasformare i prodotti agricoli in filiere locali (olio, vino, succhi, cereali, frutta secca); incentivi alle comunità energetiche rurali; una nuova narrazione della campagna, non più periferia abbandonata, ma centro nevralgico del nuovo modello economico.
L’Italia ha il sole, la terra, e una grande tradizione agricola. Quello che serve adesso è una scelta politica, impedire che il futuro verde venga colonizzato dalla finanza, e rimettere l’agricoltore al centro del gioco.
Perché il sole, se gestito bene, può far crescere non solo i pomodori, ma anche una nuova idea di Paese.
Maggiori informazioni sul progetto qui: https://www.youtube.com/watch?v=MOzLpHQAbYE