
di Thora Rasmussen
La BIQ House di Amburgo rappresenta una delle avanguardie più significative nel campo dell’architettura sostenibile. Inaugurata nel 2013 all’interno del progetto IBA Hamburg, questa costruzione è diventata un simbolo di innovazione grazie alla sua facciata bio-reattiva, la prima al mondo a utilizzare microalghe per produrre energia pulita. I 129 bioreattori installati sulle pareti esterne (foto sottostante), che coprono una superficie di 200 metri quadrati, contengono alghe che, attraverso la fotosintesi, generano biomassa e calore. Questo sistema non solo assorbe anidride carbonica – fino a sei tonnellate l’anno – ma produce anche energia termica sufficiente a coprire il 30% del fabbisogno di riscaldamento e acqua calda dell’edificio, riducendo le emissioni di gas serra del 40% rispetto a un edificio convenzionale. La BIQ House integra inoltre pannelli fotovoltaici, sistemi di recupero delle acque piovane e un design passivo che massimizza l’efficienza energetica. I dati raccolti negli ultimi anni hanno evidenziato una riduzione dei costi operativi del 25%, dimostrando che queste soluzioni non sono solo ecologiche, ma anche economicamente vantaggiose.
L’esempio di Amburgo è solo uno degli innumerevoli casi in cui l’architettura sostenibile sta trasformando il modo in cui concepiamo gli spazi abitativi e lavorativi.
A Amsterdam, The Edge è considerato uno degli edifici più green al mondo grazie a una rete di sensori IoT che ottimizzano i consumi energetici e ai pannelli solari che producono più energia di quanta ne utilizzi, immagazzinando il surplus in batterie. A Milano, il Bosco Verticale, con oltre 20.000 piante e alberi, è un modello di biodiversità urbana che assorbe circa 30 tonnellate di anidride carbonica all’anno e contribuisce a ridurre l’effetto “isola di calore” cittadino. Dall’altra parte del mondo, a Seattle, il Bullitt Center, certificato Living Building Challenge, è autosufficiente dal 2013 e raccoglie e tratta l’acqua piovana per coprire il 100% del fabbisogno idrico, producendo al contempo energia solare in eccesso. E a Singapore, il Punggol Digital District mostra come un intero quartiere possa funzionare a basse emissioni grazie a sistemi di raffreddamento centralizzati e tetti verdi che riducono i consumi energetici del 40%.
Ma non è solo la tecnologia a guidare questa rivoluzione: i materiali innovativi stanno ridefinendo le basi stesse dell’edilizia. Il micelio, la struttura vegetativa dei funghi, viene utilizzato per creare mattoni e pannelli leggeri, isolanti e biodegradabili. Progetti come la Hy-Fi Tower a New York, costruita interamente con mattoni di micelio (ne avevamo parlato qui), dimostrano il potenziale di questi materiali nel ridurre gli sprechi. La canapa, con le sue straordinarie proprietà isolanti e sostenibili, è utilizzata per produrre bio-mattoni e rivestimenti naturali. La House of Hemp nel Regno Unito è un esempio concreto di come questo materiale possa abbattere le emissioni durante la costruzione e migliorare l’efficienza energetica degli edifici. Anche le muffe stanno trovando applicazioni sperimentali: l’Università di Stoccarda ha sviluppato pareti biodegradabili basate sulla crescita controllata delle muffe. E poi c’è il legno lamellare incrociato, o CLT, che sta guadagnando popolarità come alternativa al cemento. La Brock Commons Tallwood House di Vancouver, un grattacielo di 18 piani costruito quasi interamente in legno, dimostra come queste tecniche possano scalare verso progetti di grandi dimensioni.
Questi esempi, combinati con politiche urbane innovative, mostrano come sia possibile rivoluzionare un settore responsabile del 39% delle emissioni globali di anidride carbonica. La vera sfida è replicare questi modelli su larga scala, investendo in materiali innovativi, tecnologie avanzate e normative che incentivino l’economia circolare.
Il futuro dell’edilizia non può più essere guidato esclusivamente dal cemento e dall’acciaio, ma deve integrare sempre di più natura e tecnologia per creare spazi più sostenibili e resilienti. Come dimostrano i dati e gli esempi concreti, il cambiamento è possibile, e passa da scelte coraggiose e da una nuova visione del costruire: meno cemento, più natura, più intelligenza collettiva.
L’AUTORE
Thora Rasmussen, nasce e si forma ad Uppsala, specializzata in Chimica dei Materiali e chimica endotermica. Esperta in nanostrutture polimeriche per applicazioni biomediche. La sua ricerca si concentra su materiali sostenibili, celle a combustibile, superconduttori e materiali biodegradabili. Ha pubblicato numerosi articoli e partecipa a conferenze internazionali. Apprezzata per il suo approccio interattivo, parrtecipa a progetti di ricerca e collabora con aziende tecnologiche e ambientali. Promuove l’integrazione tra scienza dei materiali e sviluppo ecocompatibile, formando scienziati sensibili alle sfide ambientali globali.