Una classe sociale secondo Marx è un insieme di individui con lo stesso rapporto con i mezzi di produzione. La lotta di classe è di solito attribuita a un conflitto tra proletari contro capitalisti e borghesia. La lotta di classe è stata sostituita dalla lotta di casta, o meglio dalla lotta tra chi produce ricchezza, servizi sociali e i ceti parassitari, le caste. Il confronto non è semplice, netto come in passato: proletariato contro capitale, ma a macchia di leopardo. Le caste sono infatti ovunque intorno a noi. Sono il colesterolo nelle vene e nelle arterie della Nazione. Le caste sono unite tra loro e formano un corpo immenso, un super blocco sociale, che annulla qualunque spinta al cambiamento. Un muro di gomma bulimico che si alimenta con un aumento delle imposte, dei bolli, dei balzelli. Lo Stato-Casta discute solo di tasse, di IMU, di IVA, di IRES, di IRPEF, temi che hanno ormai assorbito ogni spazio della comunicazione politica. Travasi di sangue da chi produce a chi sperpera per tenerlo in vita. Il potere delle caste non deriva dal controllo dei mezzi di produzione, ma da quello dei mezzi di informazione. Senza le menzogne quotidiane le caste sarebbero nude, visibili nella loro arroganza e inutilità. Chi le mantiene in vita con immensi sacrifici quotidiani scenderebbe in piazza come in piazza Tahrir in Egitto o in piazza Taksim in Turchia. Ovunque ci sia un ceto parassitario, lì c’è una casta che difende con le unghie e coi denti i suoi privilegi. La casta politica, la casta dei giornali, la casta della burocrazia, la casta della pubblica amministrazione centrale, la casta degli enti inutili, la casta delle aziende partecipate, la casta dei concessionari, la casta delle pensioni d’oro. Infinite caste che stritolano il cittadino come un serpente boa. Le caste italiane sono come un parassita che uccide l’organismo che lo ospita, indifferente al fatto che così condannerà anche sé stesso. La lotta contro le caste è la vera lotta politica: sottrarre il potere a chi lo esercita per perpetuare sé stesso e la propria posizione di dominio. L’Italia è una foresta pietrificata dove nulla deve cambiare e, se cambia, avviene solo in apparenza, per salvare le forme “democratiche” e mantenere tutto inalterato. Immobile. Immutabile. Chi abita nella foresta può fare sentire la sua voce, una voce che verrà in apparenza accolta, per farlo sentire libero, ma mai ascoltata.
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