Con i 5 farmaci antitumorali in commercio (ADC) e quasi 100 in varie fasi di sviluppo clinico, stiamo entrando in una nuova era della lotta al cancro, ma non solo. Nel 2019, la FDA ha approvato due nuovi farmaci per il trattamento delle leucemie, cioè tumori delle cellule del sangue.
Ma cosa sono questi ADC (Antibody-drug conjugate) e perché hanno questo impatto innovativo nella terapia antitumorale?
Generalmente gli antitumorali citotossici, i più usati in clinica, sono tristemente noti per la loro elevata tossicità e scarsa efficacia. Tali effetti collaterali sono dovuti all’incapacità di essere totalmente selettivi per le cellule tumorali, e quindi uccidono anche le cellule sane, comportandosi come veri e propri veleni.
Paul Ehrlich, più di 100 anni fa, formulò la metafora del “proiettile magico” per rappresentare il chemioterapico ideale. La realtà, pratica e clinica, purtroppo si scontra con l’evidenza che la selettività d’azione contro cellule malate rispetto a quelle sane, non viene quasi mai raggiunta. Nel perseguire l’idea di riuscire ad ottenere il vero “proiettile magico”, sono stati inventati gli ADC, molecole costituite dall’unione di 3 molecole con funzioni distinte. Infatti, essi derivano dalla coniugazione (legame) di un potente antitumorale citotossico classico ad un anticorpo tramite un linker. L’anticorpo è una proteina artificiale in grado di legare selettivamente un bersaglio cellulare chiamato antigene presente nelle cellule tumorali, ma assente su quelle sane. Il“linker” può essere considerato come una catena chimica che lega alle due estremità il chemioterapico e l’anticorpo. L’anticorpo è per definizione molto più selettivo del citotossico, si sfrutta questa sua caratteristica per farlo diventare il trasportatore (shuttle) per il farmaco citotossico solo sulle cellule tumorali e veicolato dall’anticorpo colpirà selettivamente solo le cellule tumorali, discriminandole da quelle sane.
La realizzazione pratica di questo tipo di farmaci è stata irta di difficoltà e insuccessi. Prendiamo l’esempio del primo ADC, il Gemtuzumab ozogamicin, approvato nel 2000 per la leucemia mieloide acuta, era l’unico in commercio fino a pochi anni fa. Negli studi preclinici e clinici sembrava rispondere a tutte le caratteristiche di selettività, stabilità chimica e metabolica e un buon profilo di sicurezza. Dieci anni dopo l’immissione sul mercato però, è stato ritirato in quanto associato a una grave condizione epatica chiamata malattia veno-occlusiva, talvolta fatale.
Nonostante il ritiro di Gemtuzumab, la ricerca non si è fermata e l’approvazione di altri due ADC, Brentuximab Vedotin e Trastuzumab Emtansine, hanno sicuramente confermato la validità del concetto di “proiettile magico” riaccendendo l’entusiasmo tra scienziati, ricercatori e investitori.
Infine, nel 2019, Besponsa e Polivy sono considerati ancora più innovativi. Insomma appare chiaramente che una opportuna strategia di coniugazione e rilascio ha portato ad ADC di nuova generazione più efficaci, selettivi e meno tossici.
Alla luce dei promettenti risultati in oncologia, i ricercatori di centri accademici, istituti di ricerca e industriali credono nel potenziale di questo tipo di farmaci tanto da considerali, nel prossimo futuro, un punto di svolta anche in altre aree terapeutiche, come la modulazione immunitaria e dell’anti-infezione, anche se siamo ancora nella fase preclinica di sviluppo.