“I derivati non sono prodotti finanziari, come azioni e obbligazioni, ma sono vere e proprie scommesse legalmente autorizzate con componenti di rischio che possono essere anche molto elevate.
A sostenerlo è il Tribunale di Milano con sentenza n. 7398 del 16 giugno 2015.
Che i bilanci di molti Enti territoriali includano derivati e che spesso questi contratti di swap siano stati stipulati da amministratori debolmente qualificati (mutuando le parole contenute in un recente lodo arbitrale) è ormai noto.
In alcuni casi ci ha pensato la magistratura a mettere una toppa ai buchi provocati dalla dabbenaggine in questa materia – della politica. Immagino le facce perplesse di quei politici locali convinti dai funzionari di banca a scommettere i soldi dei cittadini con termini tipo Interest Rate Swap o Mark to Market o con frasi come sommatoria attualizzata dei differenziali futuri attesi sulla base delle condizioni dellindice di riferimento
(per rimanere al testo della predetta sentenza).
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Immagino quanto si siano impegnati a cercare di dissimulare che non stavano afferrando nulla: in molti avranno pensato a fare subito cassa, tanto delle perdite ne avrebbero risposto i futuri amministratori. Immagino che qualcuno di loro si sia sentito addirittura un mago della finanza per aver trovato la panacea per la tenuta dei conti.
I tribunali, anche di recente, hanno accertato la nullità dei derivati nei quali il Mark to Market non sia quanto meno determinabile attraverso unesplicita formula matematica alla quale le parti intendono fare riferimento per procedere allattualizzazione dei flussi finanziari futuri attendibili in forza dello scenario esistente. Ciò si rende necessario in quanto detta operazione può essere condotta facendo ricorso a formule matematiche differenti, tutte equivalenti sotto il profilo della loro correttezza scientifica, ma tali da poter portare a risultati anche notevolmente differenti fra di loro (cfr. Tribunale di Milano sentenza n. 7398 del 16 giugno 2015). Stessa sorte per i derivati che non contengono la facoltà di recesso per i contratti sottoscritti fuori dalla sede della banca (sul punto, nel giugno scorso, i giudici londinesi hanno accolto le domande del Comune di Prato).
Un istituto di credito è stato condannato anche per aver proposto uno swap di copertura non in linea con le esigenze finanziarie del cliente.
Molti cittadini tartassati dai balzelli locali sono ora nelle fila del MoVimento 5 Stelle nei Comuni e nelle Regioni e, quindi, nelle condizioni di fare valere il bene comune e, alla luce delle suddette sentenze, di pretendere la restituzione del potenziale maltolto.” Avv. Cristian Brutti
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