di Beppe Grillo – “Ci sono semplicemente troppi elettori anziani e il loro numero sta crescendo. Il voto non dovrebbe essere un privilegio perpetuo, ma una partecipazione al continuo destino della comunità politica, sia nei suoi benefici che nei suoi rischi.” Douglas J. Stewart, “Disfranchise the Old,” New Republic, 1970
In un mondo sempre più anziano, esperti, studiosi e politici propongono di abbassare l’età del voto (così come proposi anni fa), ma cosa dovrebbero fare le democrazie quando gli interessi degli anziani sembrano essere in contrasto con gli interessi delle giovani generazioni?
Una proposta, già ampiamente discussa dal filosofo ed economista belga, Philippe Van Parijs – nonché tra i più grandi sostenitori del reddito universale – potrebbe essere quella di privare il diritto di voto agli anziani, ovvero eliminare il diritto di voto ad una certa età (oppure dare ai genitori voti per procura per ciascuno dei loro figli a carico). E’ questa la teoria per una democrazia più efficace quale garanzia di giustizia sociale del professor Van Parijs, in un articolo della rivista accademica Philosophy and Public Affairs, che ai più potrà sembrare drastica, ingiusta e insensata.
L’idea nasce dal presupposto che una volta raggiunta una certa età, i cittadini saranno meno preoccupati del futuro sociale, politico ed economico, rispetto alle generazioni più giovani, e molto meno propensi a sopportare le conseguenze a lungo termine delle decisioni politiche. In tal caso, i loro voti dovrebbero essere eliminati del tutto, per garantire che il futuro sia modellato da coloro che hanno un reale interesse nel vedere realizzato il proprio disegno sociale. Gli elettori sono, in larga misura, guidati dal proprio interesse personale, e l’affluenza relativamente bassa degli elettori più giovani può essere in parte causata dal sentirsi alienati da un sistema politico gestito da persone che non considerano della loro stessa natura.
Se un 15enne non può prendere una decisione per il proprio futuro, perchè può farlo chi questo futuro non lo vedrà?
I dati dell’Istat dicono che nel nostro paese le persone che hanno più di 65 anni, vicine all’età della pensione, o che hanno già smesso di lavorare, sono oggi oltre 13 milioni e mezzo. La classe più numerosa è quella di coloro che hanno tra i 65 e i 69 anni, ma ci sono anche 17.630 centenari.
Sempre i dati ci dicono che gli anziani non amano particolarmente il progresso, scelgono risultati più “vicini” al loro stile di vita. Durante le elezioni negli Stati Uniti e nel Regno Unito, le persone con più di 65 anni – rispetto ai 30enni – avevano quasi il doppio delle probabilità di essere contrari ai matrimoni gay; il doppio delle probabilità di essere pro-Brexit; la metà delle probabilità di sostenere la legalizzazione della marijuana; quasi cinque volte meno propensi a voler spendere soldi per l’istruzione; 60% in più di probabilità di votare per Donald Trump; e quasi il 50% in più di probabilità di credere che gli immigrati avessero un impatto negativo sulla società, così come un forte disinteresse verso la salvaguardia del clima, che diminuisce man mano con l’età.
Una indagine dell’Istat del 2015 rivela che dopo i 65 anni 1 persona su 5 non si interessa di politica e non ne parla mai e questa percentuale sale a circa 1 persona su 3 (il 32%) oltre i 75 anni.
In ambito Brexit la maggior parte dei giovani ha votato chiaramente per restare in Europa. Gli over 50 hanno votato il contrario, preferendo quindi un futuro che le nuove generazioni non vogliono. L’organizzazione YouGov, ha documentato le linee di voto sulla Brexit: i giovani tra i 18 e i 24 anni hanno votato il 64% -24% per rimanere; I giovani di età compresa tra 25 e 49 anni hanno votato il 45% -39% per rimanere. Poi i risultati hanno iniziato a capovolgersi: i 50-64enni hanno votato il 49% -35% per andarsene e i 65enni e oltre hanno votato il 58%-33% per andarsene. Delle 30 aree del Regno Unito con le persone più anziane, 27 hanno votato per non restare in Europa.
Questi dati dimostrano senza ombra di dubbio che le decisioni prese dalle generazioni più anziane influenzano gli interessi delle generazioni più giovani e non ancora nate.
Ma privare il diritto al voto dei cittadini più anziani sarebbe giusto?
La prima opposizione sarebbe quella della discriminazione, fondata sull’età. Ma è falso, affinché vi sia discriminazione vi deve essere un trattamento diverso tra due o più gruppi/identità basato su alcune caratteristiche arbitrarie. In questo caso, le politiche differenziate per età non dividono la popolazione in due o più gruppi, poiché tutti, alla fine, diventiamo anziani. Quindi non c’è ingiustizia.
Gli anziani non sono un gruppo che può essere discriminato, come per sesso, etnie, o scelte sessuali, tutti diventiamo ugualmente anziani. Pertanto, una regola che tratta gli anziani in modo diverso dal resto della popolazione, influenzerà tutti allo stesso modo. Con un preavviso sull’attuazione di 5 anni, ad esempio, anche gli anziani di oggi non si sentirebbero messi in castigo.
Il principio fondamentale alla base della proposta di privare il diritto agli anziani, come affermato dal filosofo Philippe Van Parijs, è che “le persone dovrebbero avere il potere di influenzare le decisioni in proporzione alla misura in cui sono suscettibili di sostenere le conseguenze di tali decisioni”.
Le generazioni non nate sono, sfortunatamente, incapaci di influenzare le decisioni che prendiamo qui ed ora. Tuttavia, possiamo migliorare il loro destino spostando il potere decisionale verso chi tra noi dovrà interagire con loro.
Il dibattito è aperto.
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