
Ogni mattina apriamo il rubinetto. L’acqua scorre, limpida, fresca, senza che ci poniamo troppe domande. La usiamo per lavarci il viso, farci un caffè, preparare la giornata. È un gesto così semplice, così quotidiano, da essere invisibile. Ma invisibile non significa scontato.
Oggi, 22 marzo, si celebra il World Water Day, la Giornata Mondiale dell’Acqua. Il tema di quest’anno è “Water for Peace”, perché l’acqua non è solo una risorsa vitale: è una questione di equità, di giustizia, e sempre più spesso di conflitto.
Secondo i dati delle Nazioni Unite, 2,2 miliardi di persone nel mondo non hanno accesso a servizi idrici sicuri. Parliamo di un terzo dell’umanità. E oltre 3,5 miliardi di persone vivono in aree dove l’acqua è scarsa per almeno un mese all’anno.
Ogni giorno, più di 700 bambini sotto i cinque anni muoiono per malattie legate all’acqua contaminata, alla mancanza di servizi igienici adeguati, all’impossibilità di lavarsi le mani. Intanto, in molte regioni del mondo, dal bacino del Nilo in Africa alla valle dell’Indo in Asia, l’acqua è sempre più una fonte di tensione tra Stati e comunità. Il cambiamento climatico, la crescita demografica e l’inquinamento stanno aggravando una crisi silenziosa, che rischia di diventare esplosiva. Eppure l’acqua può anche unire. L’ONU sottolinea che la cooperazione sui bacini idrici condivisi può rafforzare la pace, stimolare lo sviluppo e prevenire conflitti. Oggi solo 24 Paesi tra i 153 che condividono fiumi e laghi hanno accordi completi per la gestione comune dell’acqua. Troppo pochi.
Celebrare questa giornata non significa solo partecipare a un evento o condividere un post. Significa fermarsi un attimo e guardare con occhi nuovi quel getto d’acqua che esce dal nostro rubinetto. Ricordare che è un privilegio. E che c’è chi cammina ore ogni giorno per raggiungere una fonte, chi raziona, chi prega per un acquazzone.