di Maurizio Montalto – Quando il mondo non andava a rotoli, erano in uso tanti accorgimenti utili. L’evoluzione tecnologica ha però migliorato la qualità della nostra vita. La carta igienica (in rotoli o fazzoletti) sì è diffusa in Italia solo dopo il secondo conflitto mondiale. E nel resto del mondo non è andata diversamente, fino a quando nel XIV secolo l’imperatore cinese Zhu Yuanzhang introdusse la novità. In precedenza si faceva uso di foglie, ramoscelli e sassi appuntiti.
Gli egizi furono più dolci con sé stessi e dedicarono sabbia intrisa di olii profumati e la mano sinistra alle intime necessità, riservando alla mano destra il compito di salutare e portare il cibo alla bocca. Gli antichi romani facevano uso di una sorta di gigantesco cotton fioc imbevuto d’acqua salata, mentre in tempi più recenti, prima della “rivoluzione”, si destinavano allo scopo vecchi giornali e pezzi di stoffa.
Dobbiamo a Joseph Gayetty (USA 1857) l’introduzione della prima carta destinata esclusivamente a scopo igienico, che ha sottratto tutti noi al rischio d’irritazioni e infiammazioni locali. Il Word Watch Institute dal 2005 lanciava l’allarme sugli eccessi nei consumi. Al sacrificio d’alberi si tenta di porre rimedio riciclando e ideando soluzioni alternative ed ecologiche. I giapponesi ci provano dal 2009 introducendo nelle abitazioni water di ultima generazione. Ma migliorano la qualità di vita solo nella parte più fortunata del pianeta. Ce n’è un’altra, che secondo l’O.M.S. è costituita da oltre 2 miliardi di persone, che non ha alcun accesso a strutture igienico sanitarie. Ogni anno oltre 480.000 bimbi sotto ai 5 anni muoiono di diarrea per il cibo contaminato da acque reflue e acqua sporca.
All’Expo di Pechino Bill Gates ha presentato una toilette, che per funzionare non necessita di acqua né di fognature e trasforma le deiezioni umane in fertilizzanti e acqua utilizzabili. Immaginate! Una piccola tecnologia potrà risolvere problemi sanitari (dalle malattie, alla spesa per curarle) dei paesi impoveriti e, resa disponibile a tutti, diventare la più grande industria diffusa per la creazione di fertilizzanti. Intere popolazioni sedute sui propri mezzi di produzione. Da qui un invito alla cautela, poiché se le lobby “fiutassero” l’affare, potrebbero mettere le mani pure sulla cacca dei paesi, già depredati delle altre risorse.
L’acqua che residua potrà essere impiegata in agricoltura dove altre piccole tecnologie (si va dall’irrigazione a goccia al digital farming) potranno produrre un cambiamento reale. I fertilizzanti naturali arricchiranno il terreno di sostanze nutritive garantendo la disponibilità di cibo buono senza contaminare i terreni e le falde idriche. La necessità di vitamina A, che può essere assunta nutrendosi di frutta e verdura, potrà essere soddisfatta con la disponibilità di carote, pomodori, albicocche e meloni; una risposta concreta alle preoccupazioni della F.A.O., che denuncia l’impatto che la carenza di micronutrienti negli organismi umani ha sul benessere, la capacità di apprendimento e la produttività.
Le soluzioni alla portata sono innumerevoli e possono garantire l’autonomia alimentare nei paesi del sud del mondo. Ma le scelte giuste sono condizionate dal capitale, che vuole riprodursi, più che affrontare i bisogni umani. Cosicché agli utilissimi microsistemi diffusi e a impatto ambientale minimo o nullo, sono preferite le gigantesche tecnologie grigie, quelle fatte col cemento.
Le Nazioni Unite nel loro Rapporto mondiale 2018 sulla gestione delle risorse idriche esaminano il fenomeno: solo l’1% delle risorse economiche globali investite viene impiegato per la realizzazione di tecnologie compatibili con la natura. Un’idea di sviluppo sostenibile (cfr. Conferenza ONU di Rio de Janeiro 1992) fondato sulla convinzione che sia possibile sfruttare economicamente il pianeta con opere faraoniche e interventi ad alto impatto fintanto che ci sopporta (secondo noi), stressa gli ecosistemi e non ha nulla di umano. Nell’immaginario collettivo s’è fatta largo l’idea che ciò che è grande e maestoso, sia la soluzione migliore per tutti. Ma un gigantesco rotolo di carta igienica non può risolvere le necessità che ne affronta uno largo meno di 13 centimetri.
Bisogna riscrivere le regole dando voce alle Comunità indigene, ai Movimenti popolari, puntando diritto alla soluzione giusta astraendosi dai condizionamenti dell’economia e della finanza. La disponibilità o l’artificiosa carenza di denaro non possono più determinare le scelte politiche, nominare i Governi e affamare i popoli rubandone la felicità. La moneta deve tornare a svolgere il proprio ruolo originario quale strumento delle comunità per lo scambio di beni e servizi.
Bisogna solo scegliere da quale prospettiva guardare in avanti, per scoprire che, in fin dei conti, i soldi, quando servono, si possono sempre stampare, proprio come la carta igienica.
L’AUTORE
Maurizio Montalto – Avvocato e Giornalista pubblicista specializzato in “diritto e gestione dell’ambiente”. Presidente dell’Istituto italiano per gli Studi delle Politiche Ambientali. È stato Presidente dell’azienda per l’acqua pubblica di Napoli ABC (Acqua Bene Comune). È attivista del Forum Italiano per i Movimenti per l’acqua e ha fondato la Rete a Difesa delle Fonti d’Acqua del Mezzogiorno d’Italia. Ha pubblicato: Le vie dell’acqua, tra diritti e bisogni ed Alegre, La guerra dei rifiuti ed Alegre, La Casa Ecologia ed Simone, L’acqua è di tutti ed L’ancora del Mediterraneo, La rapina perfetta ed libribianchi di stampalternativa. Ha avuto incarichi tecnici in Governi tipo Comitato Ministeriale sul diritto all’acqua, cd. Comitato scientifico del Ministero dell’Ambiente C.O.V.I.S. e ha lavorato sull’emergenza rifiuti per la Presidenza del Consiglio dei Ministri col Generale Jucci.