Alcuni anni fa non si poteva parlare di reddito base, oggi sembra chiaro che il capitalismo, soprattutto nella sua ultima accezione consumistica, non è più sostenibile.
Ma oltretutto non assicura prosperità per tutti.
Così sono sempre di più chi si avvicina al reddito base incondizionato come modello di sviluppo sostenibile.
Ora anche il consulente economico capo dell’India, Arvind Subramanian, ha recentemente dichiarato ai giornalisti che uno o due stati indiani potrebbero implementare il reddito di base universale entro il 2020.
Il commento è avvenuto al rilascio dell’Indagine economica dell’India del 2017-2018. The Economic Survey è un rapporto periodico che esamina lo stato economico attuale del paese e tenta di formulare previsioni sulla crescita futura.
E proprio nell’ultimo sondaggio economico, per il 2016-2017, ha fornito alcuni dettagli sulla possibilità che l’India adottasse una forma di reddito base.
L’indagine ha esplorato la possibilità di un reddito che sarebbe quasi universale, essendo distribuito a circa il 75% della popolazione.
L’india è l’ultimo paese che si interessa al reddito base incondizionato. Ma quello che deve far pensare è l’enorme massa di persone a cui si rivolge tale proposta.
L’avanzata tecnologica rende ogni giorno futile adoperare le persone per lavorare.
Dall’automazione dei lavori manuali ripetitivi, siamo passati all’automazione dei lavori di concetto ripetitivi, ora stiamo automatizzando anche i lavori di concetto di alto livello.
Ultimamente chi sta perdendo lavoro nel mondo per l’automazione, non sono operai, ma ingegneri e informatici.
É proprio questo che ci deve far pensare. É il momento per un reddito base incondizionato.