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Lettera aperta di Luigi Di Maio a Piero Grasso

beppegrillo.it - Luglio 31, 2014

“Presidente Piero Grasso,
in questi giorni sto seguendo le sedute del Senato della Repubblica italiana, da Lei presieduto, durante la discussione delle cosiddette “riforme costituzionali”. Prima ancora del pericolo di un Senato non elettivo o di un Senato soppresso, ieri sera ho assistito con la paura del cuore alla definitiva scomparsa degli organi di garanzia del Paese.
Non è un mistero l’opinione del MoVimento 5 Stelle sull’evanescente imparzialità e autorevolezza di Laura Boldrini e di Giorgio Napolitano. Ma in Lei riponevo ancora un briciolo di fiducia.
Sono discorsi complicati, lo so. Bisognerebbe spiegare in queste ore, ad un’Italia che –giustamente- vuole riposare dopo un anno di lavoro (o di sua ricerca infinita), qual è il valore aggiunto dell’imparzialità del Presidente del Senato nel dibattito tra maggioranza e opposizione. Bisognerebbe spiegare ad un’Italia di imprenditori tassati al 55% e con 10 milioni di poveri, che i Presidenti delle Camere e il Presidente della Repubblica sono figure fondamentali per la sopravvivenza della nostra democrazia, che devono garantire prima di tutto la parte politica più debole, quella che rappresenta milioni di persone ma non ha vinto le elezioni e non è quindi maggioranza. So che è difficile spiegare l’importanza della democrazia ad un’Italia che se l’è vista calpestata in ogni modo da fenomeni di corruzione, inganno, “scilipotismo” e così via. So che è difficile, dopo lo spettacolo indegno di questa classe politica, ma io ci provo lo stesso. Perché in questi giorni Lei, Presidente Grasso, mi sta facendo capire quanto il nostro ordine costituzionale possa essere in serio pericolo.
Ricordo a me stesso che i Presidenti delle Camere gestiscono una sorta di “riserva” dove non vale il principio di “chi ha la maggioranza decide”, ma nel quale alcune cose non possono essere messe in votazione perché non ammissibili. Sottrarre il più possibile le decisioni procedurali all’arbitrio della maggioranza, a mio parere, è un cardine dell’agibilità democratica e rappresenta il senso del Suo ruolo. La Sua figura, Presidente, esiste proprio per questa ragione. Altrimenti potremmo inserire il pilota automatico alle Camere, metteremmo su quello scranno un burocrate che faccia votare su ogni questione, procedurale o meno. Senza argini di garanzia, senza riserva.
Ma a quel punto però l’opposizione è meglio non eleggerla. Spenderemmo meno soldi dei cittadini in stipendi e uffici.
È come se in Italia domani mattina chiedessimo ai cittadini italiani se vogliono l’introduzione della pena di morte o la divisione dell’Italia in due Stati: Padania e Regno delle Due Sicilie. Ognuno ha le sue idee politiche su tali questioni, per carità. Ma, anche se fosse favorevole l’80% degli italiani, il dettato della Costituzione non renderebbe ammissibile un simile quesito e su questo il Presidente della Repubblica (anche se fosse Giorgio Napolitano) interverrebbe sicuramente con un secco “non si può fare”. Sono gli argini del nostro impianto democratico. Ci sono famiglie italiane in cui i padri lasciano partecipare i figli anche alle decisioni più importanti, in segno di fiducia. Ma se poi questi, a maggioranza, vogliono dar fuoco alla casa, il padre ha il ruolo di spiegargli cosa si può fare e cosa no. Ieri sera, in Aula su questo argomento Lei ha preso addirittura lezioni da Nitto Palma.
Presidente, in questi giorni in Senato l’ho vista abdicare totalmente al Suo ruolo istituzionale di padre del dibattito parlamentare, che esiste in qualsiasi ordinamento democratico. Ieri ho visto Piero Grasso trincerarsi dietro il voto dell’Aula per non assumersi alcuna responsabilità. Al grido “l’Aula è sovrana”, ha posto in votazione qualsiasi questione procedurale venisse avanzata dalla maggioranza: tutti chiari espedienti per evitare il voto segreto (che Lei stesso aveva deciso di garantire e la cui valutazione circa l’ammissibilità cadeva in capo solo e soltanto a Lei), o per eliminare la discussione su migliaia di emendamenti in 5 minuti.
Ciò che temo, inoltre, da Vicepresidente della Camera dei Deputati, sono i precedenti che in 24 ore Lei ha creato (con le Sue scelte sbagliate). Questi precedenti ho il timore che possano entrare per analogia nell’interpretazione del Regolamento della Camera. Quindi, anche se il Senato così come lo conosciamo dovesse cessare di esistere, alla Camera i danni da Lei provocati saranno utilizzati per strozzare definitivamente il dibattito parlamentare.
L’obiettivo di questa lettera non è fare a Lei una “lezioncina”: sono consapevole che non sortirebbe alcun effetto. Non credo neanche di avere i titoli per farne su questi argomenti. Ma se Le scrivo è perché ieri sera, oltre alle continue violazioni del Regolamento, ho visto i suoi occhi. Ogni volta che la inquadravano era evidente che Lei stesse facendo una cosa in cui non crede assolutamente.
Ricordo la Sua espressione la settimana scorsa, dopo aver preso la decisione di garantire il voto segreto sui diritti. Era l’espressione di un Presidente che credeva fortemente nella sua decisione di tutelare il Senato nella sua interezza.
Poi c’è stata la sua convocazione al Quirinale dal Presidente Giorgio Napolitano, un Presidente che ho più volte definito “non più arbitro, ma giocatore in campo con fascia da capitano”. Dopo quell’incontro, Lei si è presentato in Aula con un altro sguardo, ma soprattutto con un altro senso dello Stato. La mia modesta impressione è che su quella sedia non si senta più a suo agio. GuardandoLa rispondere alle rimostranze dei senatori che Le chiedevano lumi sulle Sue “non scelte”, lei era in difficoltà, quasi in imbarazzo. Posso capire cosa significa amministrare un’Assemblea in quelle condizioni (mi succede spesso alla Camera con il doppio dei parlamentari). Ma non riesco nemmeno ad immaginare cosa significhi amministrarla al servizio della maggioranza e non, invece, come garante super partes di tutte le forze politiche.
Presidente Grasso, credo che Lei sia ancora in tempo per ripensarci, nonostante le scomposte e improprie ingerenze di Palazzo Chigi e del Quirinale. Credo che Lei sia ancora in tempo per evitare questo scempio. Ci pensi. Se vuole aiutarsi, Le consiglio di guardare negli occhi quei senatori che sono leggermente sulla sua destra, quando presiede l’Aula. Si tratta di cittadini che hanno scelto di fare le notti in Senato per difendere il nostro ordine democratico, per modificare delle riforme in cui non crede neanche Lei (e lo sappiamo bene). Quelle cinquanta persone non rappresentano gruppi di potere, lobby o potentati economici ed esigono il rispetto e la garanzia di un procedimento realmente democratico nelle Aule del Senato. Sono persone che si dimezzano lo stipendio ed hanno scelto di non fare politica a vita: ognuno di loro ha un lavoro che li aspetta dopo il mandato di senatore e si sono impegnati a rispettare la regola dei due mandati che osserviamo come eletti del MoVimento 5 Stelle. Vogliono che la politica sia a servizio del popolo e che non miri ad asservire la volontà popolare al miope disegno di una parte del Paese che corre verso il disastro democratico. Guardi negli occhi quei cittadini liberi e incensurati. Provi a scrutare nei loro sguardi quanto credono in quello che dicono. E poi decida se vale la pena far rispettare i loro diritti.
Un saluto cordiale”.
Luigi Di Maio

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