
di Isaac J.P. Barrow
Il motore della transizione ecologica rischia di fondersi prima ancora di accendersi. A bloccare il cammino verso la mobilità elettrica non è, questa volta, il petrolio, ma una manciata di materiali invisibili e decisivi, le terre rare.
Senza disprosio, terbio, neodimio o praseodimio non esistono magneti potenti, e senza quei magneti non si fabbricano motori elettrici, servosterzi, sensori, sistemi frenanti, tergicristalli intelligenti. In altre parole, non si fabbricano auto.
Ad aprile 2025 la Cina, che controlla oltre il 90% della produzione globale di terre rare, ha stretto il rubinetto. Ha introdotto licenze all’export su sette elementi chiave e ne ha approvato solo una manciata. Il risultato è che alcune fabbriche europee di componentistica si sono già fermate, altre stanno lavorando con le scorte residue, e le grandi case automobilistiche (Volkswagen, Mercedes-Benz, BMW) stanno valutando stop alla produzione o tagli. È come rivivere la crisi dei microchip ma peggio.
La transizione verde è stata raccontata come un’uscita pulita dal fossile ma è bastato che Pechino chiudesse un cancello per rivelare un fatto scomodo, ovvero che la mobilità “green” attuale si regge su un meccanismo coloniale mascherato. Le miniere sono altrove, l’inquinamento è altrove, ma l’auto elettrica, bella lucida e silenziosa, arriva in Europa in tempo per i bonus statali. Ogni tonnellata di terre rare estratta può generare fino a 2.000 tonnellate di rifiuti tossici. Gli impatti ambientali devastanti restano nei pressi delle miniere, mentre in Occidente ci vantiamo di essere “carbon neutral”.
La Cina produce oltre il 90% delle terre rare usate nel mondo. L’estrazione genera rifiuti tossici in quantità enormi. L’Unione Europea ha annunciato nel 2025 l’avvio di 13 nuovi progetti per fonti alternative, inclusa la Groenlandia, ma secondo gli analisti l’indipendenza strategica non arriverà prima del 2030. Nel frattempo, fabbriche si chiudono, catene di montaggio si bloccano, i tempi di consegna delle auto si allungano, i prezzi aumentano (e le auto non si vendono).
Il rischio è passare dalla dipendenza dal petrolio a quella dai magneti cinesi. Per evitare questo scenario servirebbe sviluppare il riciclo dei materiali critici attraverso una vera economia circolare, investire in motori e tecnologie che riducano o eliminino l’uso di terre rare, e costruire una sovranità industriale europea che non sia solo un’etichetta, ma una realtà concreta.
La transizione ecologica non può basarsi su materiali tossici, produzioni inquinanti e dipendenze geopolitiche. Non basta che un’auto sia elettrica per essere giusta. Se è costruita con risorse estratte da lavoratori sfruttati, se alimenta guerre commerciali e lascia inquinamento nei paesi produttori, allora non stiamo andando verso il futuro, stiamo semplicemente verniciando di verde un vecchio modello, con nuove catene, e il motore, ancora una volta, lo controlla qualcun altro.
Traduzione dall’ inglese di Igor G. Cantalini
L’AUTORE
Isaac J.P. Barrow – Professore sociologo specializzato in dinamiche sociali globali. Tutta la sua carriera si è concentrata su globalizzazione e tecnologie digitali. Ha svolto ricerche in vari paesi ed è autore di studi su identità culturali e disuguaglianze. Ha collaborato con organizzazioni internazionali ed è considerato un esperto di politiche sociali ed inclusione.