di Elio Lannuti
Nonostante la congiuntura internazionale favorevole, con il crollo del brent, la cui media nel 2015 si è più che dimezzata attestandosi a 54 dollari al barile, (dopo la media di 100,3 dollari al barile nel 2014, ed i 107,5 dollari nel 2013); il calo del cambio euro dollaro, diminuito a 1,1026 oggi rispetto a 1,3813 del 28 febbraio 2014; lo spread decennale con i bund tedeschi, oggi attestato a 134 punti base, contro 194 del febbraio 2014 (sceso sotto 100 punti nel febbraio 2015); due anni di questo Governo non hanno gettato le basi per la ripresa economica. I dati di alcuni indicatori:
Il debito pubblico pari a 2.107 miliardi di euro nel febbraio 2014, chiude il 2015 con una crescita di 33 miliardi e 800 milioni, attestandosi al 31 dicembre a quota 2.169,9 miliardi, con un aumento di 62,743 miliardi in 22 mesi (febbraio 2014 data di insediamento del Governo), una crescita di 2,851 miliardi di euro al mese, un gravame di 36.400 euro su ognuno dei 59,6 milioni di abitanti, un maggior debito pro-capite di 1.052 euro.
La pressione fiscale, che Il Governo spaccia per diminuita, è aumentata come dimostrato dalle entrate tributarie e dal rincaro delle tasse nel 2015. A fine dicembre infatti le entrate tributarie sono state pari a 433.483 milioni di euro, con un incremento del 6,4% rispetto ai 407.579 milioni dello stesso mese del 2014. Nella nota di aggiornamento del Def, le tasse sono cresciute di tre decimali (dal 43,4% al 43,7%) dal 2014 al 2015. A pagina 32 della Nota, la pressione fiscale a legislazione vigente, (norme che sono già legge), crescerà dal 43,7% del 2015 al 44,2% del 2016; dal 44,2% del 2016 al 44,3% del 2017. Per non parlare delle tasse sulle imprese, con la pressione fiscale pari in Italia al 64,8% contro una media europea del 40,6%.
La stima di crescita annua. Con la chiusura del quarto trimestre, l’Istat ha stimato che nel 2015 la variazione annua del Pil – calcolata in base ai dati trimestrali grezzi – sia stata del +0,7% (si scende al +0,6% se si corregge il dato per le giornate lavorative, che nel 2015 sono state tre in più), inferiore al +0,9% previsto nella nota di aggiornamento del Def, ma anche del +0,8% che aveva affermato il premier. Lo 0,7% Istat è più basso della previsione del Governo.
Lavoro ed occupazione. NellEurozona la disoccupazione scende a 10,4% a dicembre 2015; la disoccupazione giovanile al 22,0%; in Italia risale, attestandosi all’11,4% dall’11,3% di novembre; quella giovanile (15-24 anni) si attesta al 37,9%. Il miglioramento del mercato del lavoro, con la crescita di circa 600.000 assunzioni a tempo indeterminato in più nellintero 2015 (secondo lInps) non è la conseguenza positiva del Jobs Act, bensì degli incentivi fiscali. Quando saranno esauriti tali incentivi fiscali, valutati tra i 16 ed i 18 miliardi di euro, gli assunti rischiano di essere licenziati.