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Kiva: donare dignità ai poveri

beppegrillo.it - Maggio 15, 2018

di Jessica Jackley – La povertà è un argomento al centro del dibattito pubblico odierno, soprattutto perché risulta difficile capire come sia ancora possibile che cosi tante persone non abbiamo ancora accesso all’acqua o ai più banali medicinali. Molti di loro avrebbero bisogno di così poco per poter stare meglio.

Molti di noi penso sviluppino una sorta di sensazione sgradevole ogni volta che si vede un filmato o si ascoltano notizie riguardanti i poveri. Insomma è come quando si passa davanti ad un barbone e lo si vede dormire per strada coperto di cenci. Chi di noi non ha mai pensato.”Mamma mia, poveraccio”.

Cosa succede dopo?

O si tira avanti o gli si lascia qualche soldo. Magari ogni tanto si dona anche molto, 20 euro o più. Mi è capitato tante volte, ed è una sorta di scambio, una transazione. Stavo comprando qualcosa. Stavo comprando il mio diritto di andare avanti con la mia giornata e di non essere per forza infastidita da queste brutte notizie. E credo che il modo in cui affrontiamo tutto questo, a volte possa disumanizzare un gruppo di persone, individui che sono là fuori nel mondo. E questo modo di fare carità può anche diventare una merce di scambio, che è una cosa davvero spaventosa.

Per fortuna, qualche anno fa, le cose per me sono cambiate perché ho sentito parlare il Dottor Muhammad Yunus. Il Dottor Yunus ha vinto il Premio Nobel per la Pace qualche anno fa per il suo lavoro pionieristico di microfinanza moderna. Io ne avevo sentito parlare tre anni prima. Ma essenzialmente, la microfinanza – se questa è anche per voi una cosa nuova – immaginatela come un servizio finanziario per i poveri.

Pensate a tutti i servizi offerti dalla vostra banca e immaginate quei prodotti e servizi fatti su misura per i bisogni di qualcuno che vive con pochi dollari al giorno. Il Dottor Yunus con la sua Grameen Bank ha portato avanti anche iniziative di microprestito, che è un piccolissimo finanziamento che può aiutare qualcuno ad avviare o far crescere un’attività.

Quando l’ho sentito parlare lui raccontava storie sui poveri che erano diverse da tutte le storie che avevo sentito prima. Infatti, parlava di imprenditori forti, intelligenti, che lavoravano duro e che si svegliavano ogni mattina e si davano da fare per migliorare sia le loro vite e quelle delle loro famiglie. Tutto ciò di cui avevano bisogno per farlo più velocemente e meglio, era un minimo di disponibilità finanziaria. Per me è stata una rivelazione sorprendente .

Poi ho fatto una pazzia. Mi sono così commossa che ho lasciato il mio lavoro qualche settimana dopo, e mi sono trasferita nell’Africa orientale per cercare di vedere personalmente di cosa si trattasse. Volevo incontrare quegli individui, volevo incontrare questi imprenditori, e vedere personalmente su cosa si basassero davvero le loro vite. Così ho passato tre mesi in Kenya, Uganda e Tanzania intervistando gli imprenditori che avevano ricevuto 100 dollari per iniziare o far crescere un’impresa.

E di fatto, pian piano che iniziavo a fare amicizia e a conoscere le loro storie personali, sentivo storie incredibili, fatte di piccoli incredibili dettagli sul cambiamento. Pastori di capre che avevano usato i soldi ricevuti per comprare qualche capra in più. I loro affari erano cambiati. Guadagnavano un po’ di denaro in più. Il loro standard di vita cambiava e migliorava un po’ alla volta.

I cambiamenti erano davvero piccoli, ma rappresentavano un traguardo enorme per loro, per esempio, iniziare a mandare i loro figli a scuola. Poter comprare delle zanzariere. Magari permettersi una serratura per la porta, per sentirsi sicuri. Magari anche solo comprare zucchero per il tè e offrirmelo quando andavo a trovarli, e tutto questo li faceva sentire orgogliosi.

Tutto questo mi ha profondamente colpito, più parlavo con loro e più capivo quanto avessi compreso poco prima di allora. Se avessi potuto prendere una bacchetta magica per sistemare tutto, probabilmente avrei sbagliato tante cose. Perché il modo migliore per le persone, di cambiare le loro vite è di mantenerne il controllo, e di farlo nel modo che loro stessi reputino migliore. 

Ad ogni modo, mentre ero lì è successa un’altra cosa interessante. Non mi è stato chiesto nemmeno una volta di fare un’offerta. Di fronte alla povertà, tu dai dei soldi per aiutare. Ma nessuno mi ha chiesto mai dei soldi. Di fatto, nessuno voleva che li compatissi. Se mai, volevano semplicemente essere in grado di fare quello che stavano già facendo, con una marcia in più e di sfruttare le loro capacità. 

Quello che sentivo, di tanto in tanto, era che le persone volevano un prestito – pensavo che fosse un’idea molto ragionevole. Ho solo avuto l’impressione che piccoli prestiti avrebbero funzionato. E così ho iniziato con piccoli infusioni di capitale da 100 dollari.

Qualche mese dopo, sono tornata in Uganda con una macchina fotografica digitale e un sito web molto semplice, che il mio socio Matthew e io avevamo costruito. Ho fotografato sette imprenditori locali, ho pubblicato le loro storie, queste storie di imprenditoria, sul sito web, ho sollecitato per e-mail amici e parenti e detto: “volete aiutarci partecipando a questa iniziativa, e dando loro i soldi di cui hanno bisogno?” I soldi sono arrivati praticamente la notte stessa.

Li abbiamo mandati in Uganda. E nei 6 mesi successivi, è successa una cosa bellissima; gli imprenditori hanno ricevuto il denaro, sono stati pagati, e le loro attività, in effetti, sono cresciute, e sono stati in grado di sostenersi e di cambiare la traiettoria delle loro vite. Ma la cosa bellissima è che non ho dovuto chiedere a nessuno di ridare i soldi. É stata la prima cosa che hanno fatto.

Nell’ottobre del 2005, dopo che questi primi sette prestiti erano stati pagati, Matt e io abbiamo tolto dal sito la parola “beta”. Abbiamo detto: “Il nostro piccolo esperimento ha avuto successo. Iniziamo per davvero.” Quello è stato il nostro lancio ufficiale.

E in quel primo anno, dall’ottobre del 2005 a tutto il 2006, Kiva ha facilitato la collocazione di 500.000 dollari in prestiti. Il secondo anno, il totale è stato di 15 milioni. Il terzo anno, il totale è salito a circa 40 milioni. Il quarto anno, siamo arrivati quasi a 100 milioni. E oggi, dopo meno di cinque anni, Kiva ha facilitato l’elargizione di più di 150 milioni di dollari, in piccole porzioni da 25 dollari, provenienti da prestatori e imprenditori; in tutto, più di un milione di persone in 200 paesi.

Quindi ecco dov’è Kiva oggi, significa poter dare a noi stessi un’opportunità non per donare soldi, ma dignità. É la sola cosa di cui hanno davvero bisogno i poveri.

Tradotto da Maria Gitto
Revisione di Laura Pasquale

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