Di seguito la traduzione dell’intervista del The Guardian all’economista e Premio Nobel Joseph Stiglitz, che ho intervistato più volte nel corso degli anni. E’ sua la prefazione al mio libro “Schiavi Moderni”.
La tecnologia potrebbe migliorarci enormemente la vita – dice l’economista – ma solo se i titani che controllano la tecnologia seguiranno regole adeguate. “Quello che abbiamo ora è un sistema assolutamente inadeguato”
Deve essere difficile per Joseph Stiglitz restare ottimista di fronte al triste futuro che teme possa arrivare. Il premio Nobel ed ex chief economist della Banca Mondiale ha riflettuto attentamente su come l’intelligenza artificiale potrà influenzare la nostra vita. J.S. dice che sulle spalle della tecnologia, noi potremmo costruire una società più ricca e forse arrivare ad una settimana lavorativa più corta. Ma lungo questa strada ci sono innumerevoli insidie che si devono evitare e quelle che ha in mente Stiglitz non sono affatto banali: sta pensando ai comportamenti insidiosi che portano ad uno sfruttamento di routine della nostra vita quotidiana, e che lasciano la società più divisa che mai, minacciando i fondamenti della democrazia.
“L’intelligenza artificiale e la robotizzazione dispongono di un potenziale che può aumentare la produttività dell’economia e, in linea di principio, potrebbero rendere la vita più facile” – dice – “Ma solo se verranno ben gestite.”
L’11 settembre, il professore della Columbia University è stato alla Royal Society di Londra per tenere l’ultima lezione della serie You and AI. Stiglitz ha parato del futuro del lavoro, un’area in cui molti hanno già fatto tante previsioni contraddittorie e spaventose. Il mese scorso, il chief economist della Bank of England, Andy Haldane, ha lanciato un monito: “larghi strati” della forza lavoro britannica rischiano la disoccupazione, mentre l’I.A e altre tecnologie stanno automatizzando altri posti di lavoro“. Ha avuto meno argomenti quando ha dovuto parlare dei nuovi posti di lavoro che l’IA potrebbe creare. Un rapporto di Pricewaterhouse Coopers di luglio afferma che l’IA può creare tanti posti di lavoro quanti ne distrugge, forse anche di più. Come avvenne per la rivoluzione industriale, lo stato di disagio non dipende dalla mancanza di lavoro, ma dalla difficoltà nel passare da un lavoro all’altro.
Una distinzione che fa Stiglitz è tra l’I.A. che sostituisce i lavoratori e l’intelligenza artificiale che aiuta i lavoratori a fare meglio il proprio lavoro. La I.A. già aiuta i medici a lavorare in modo più efficiente, per esempio, all’Addenbrooke’s hospital di Cambridge i tecnici-oncologici ci mettono molto meno tempo di prima per pianificare una radioterapia per gli uomini affetti da cancro alla prostata, perché un sistema di I.A. chiamato Inner Eye rileva automaticamente la ghiandola dalla scansione del paziente. I medici visitano i pazienti più velocemente, gli uomini iniziano il trattamento prima e la radioterapia viene controllata con più precisione.
Il progetto Inner Eye di Microsoft utilizza l’intelligenza artificiale per rendere più efficiente il trattamento del cancro alla prostata.
Per altri specialisti, la tecnologia è più di una minaccia. Tecnici ben addestrati sull’I.A. ora riescono a individuare i tumori al seno e altri tumori meglio di tanti radiologi. Questo deve significar disoccupazione per i radiologi? Non è così semplice, dice Stiglitz. “La lettura di una scansione MRI è solo una parte del lavoro svolto dall’uomo, ma non è possibile separare facilmente questa attività dalle altre.”
Certo, molti lavori potrebbero essere completamente sostituiti. Principalmente i lavori che svolgono ruoli poco qualificati: camionisti, cassieri, operatori di call center e altro ancora. Ancora una volta, però, Stiglitz trova motivi per essere cauti nel pensare che questo significherà disoccupazione generalizzata. C’è una forte domanda di lavoratori non qualificati (nella I.A.) nell’istruzione, nel servizio sanitario e nell’assistenza agli anziani. “Se ci preoccupiamo dei nostri figli, se ci preoccupiamo dei nostri anziani, se ci preoccupiamo dei malati, ci sarà ampio spazio per occuparci maggiormente di noi”, dice Stiglitz. Se l’IA dovesse fare certi determinati lavori non qualificati, al posto nostro, il colpo potrebbe essere attenuato assumendo più personale che si occupi della salute, dell’istruzione e del lavoro di assistenza e pagando loro uno stipendio decente” – dice ancora Stiglitz.
Stiglitz ha vinto il Premio Nobel per l’economia nel 2001 per le sue analisi sulle informazioni imperfette nel mercato. Un anno dopo ha pubblicato Globalisation and It’s Discontents, un libro che rivela la sua disillusione nei confronti del FMI – l’organizzazione parallela della Banca Mondiale – e, per estensione, del Tesoro USA. Le trattative commerciali, sosteneva, sono guidate dalle multinazionali a spese dei lavoratori e dei cittadini. “Quello che voglio sottolineare è che è ora di concentrarsi sulle questioni di politica pubblica che riguardano l’Intelligenza Artificiale, perché quello che ci preoccupa è l’estensione delle stesse preoccupazioni create da globalizzazione e innovazione. Allora fummo lenti a capire quello che stavano facendo, ma ora non dovremmo ripetere lo stesso errore “.
Al di là dell’impatto dell’intelligenza artificiale sul lavoro, Stiglitz vede in gioco forze più insidiose. Armate della Intelligenza Artificiale, le imprese tecnologiche possono usare i dati che comunichiamo quando facciamo delle ricerche, quando compriamo qualcosa o quando inviamo messaggi ai nostri amici per fare una sintesi e per comprendere chi siamo. Ci dicono che questi dati servono per offrirci un servizio più personalizzato, ma questa è una prospettiva, mentre l’altra è che i nostri dati vengono utilizzati contro di noi.
“Questi nuovi giganti della tecnologia stanno sollevando questioni molto profonde sulla privacy e sulla loro capacità di sfruttare la gente comune, in un modo ancora sconosciuto nelle epoche precedenti a quella del potere monopolistico”, afferma Stiglitz. “Potrebbero aumentare i prezzi in anticipo, perché ora possono orientale le scelte di determinate persone sfruttando le informazioni che loro stesse hanno fornito. “
È il potenziale che si può produrre dalla combinazione di dati che preoccupa maggiormente Stiglitz. Per esempio, i negozianti ora possono seguire la traccia lasciata dai loro clienti con gli smartphone mentre si spostano nei vari negozi e possono raccogliere dati su quello che attira maggiormente la loro attenzione e a quali articoli restano indifferenti, passando senza nemmeno fermarsi.
“Quando si naviga su Google, Facebook, Twitter ecc., lasciamo una gran quantità di dati su di noi. Se poi questi dati vengono combinati con altri dati, le imprese dispongono di una grande quantità di informazioni su di noi come individui – molte più informazioni di quante ne conosciamo noi stessi”.
“Per esempio sanno, che le persone che cercano in un certo modo sono disposte a pagare di più, conoscono tutti i siti che abbiamo visitato e questo significa che la vita sarà sempre più spiacevole, perché la nostra decisione di acquistare in un determinato sito potrebbe farci spendere più denaro e, solo il fatto che le persone siano consapevoli di questo gioco, distorce il loro comportamento. Quello che è chiaro è che questo gioco porta ad un livello di ansia per tutto quello che facciamo e aumenta ancora di più le disuguaglianze. ”
Stiglitz si fa una domanda che probabilmente le imprese tecnologiche già si sono fatte al loro interno. “Qual è il modo più semplice per fare soldi: Si deve trovare il modo migliore per sfruttare qualcuno o per creare un prodotto migliore? Con la nuova I.A. la risposta sembra essere “Trovare un modo migliore per sfruttare qualcuno“. ”
Le cupe rivelazioni su come la Russia si sia rivolta a Facebook, Twitter e Google per interferire con le elezioni USA nel 2016 ci hanno fatto comprendere l’efficacia con cui le persone possono essere orientate con messaggi personalizzati. Stiglitz è preoccupato che le aziende stiano usando, o che useranno, tattiche simili per sfruttare i loro clienti, in particolare quelli che sono più vulnerabili, come gli shopper-compulsivi. “Fanno il contrario di quello che fa un medico per aiutarci a gestire le nostre fragilità, il loro obiettivo è trarre il maggior vantaggio possibile dalle persone”, dice. “Tutte le peggiori tendenze dell’industria privata nel trarre vantaggi dalle persone vengono ingigantite da queste nuove tecnologie”.
Finora, sostiene Stiglitz, né i governi né le imprese tecnologiche hanno fatto abbastanza per impedire questi abusi. “Le regole che abbiamo ora sono assolutamente inadeguate”, dice. “Non c’è niente che possa circoscrivere quel tipo di malcostume e abbiamo sufficienti prove che c’è gente disposta a farlo, senza nessuna remora morale”.
In particolare, negli Stati Uniti, c’è stata la volontà di lasciare che le imprese tecnologiche sradicassero le vecchie oneste regole di comportamento per far accettare le loro – secondo Stiglitz. Uno dei tanti motivi è che la complessità della tecnologia può intimidire le persone. “Confonde troppa gente e la loro risposta è: ‘Noi non possiamo farci niente, il governo non può farci niente, dobbiamo lasciare che ci pensino i giganti della tecnologia’”.
“Quando tanta ricchezza è concentrata nelle mani di pochi, la società è più ingiusta e questo è un male per la nostra democrazia”.
Ma Stiglitz pensa che questa visione stia cambiando, crede che ci sia una crescente consapevolezza di come le imprese possono usare i dati personali per raggiungere i clienti. “Inizialmente, molti giovani ritenevano di non avere nulla da nascondere: se ti comporti bene, di cosa hai paura? La gente pensava: ‘Che male c’è in questo?’ E ora si rendono conto che qualche danno ci può essere. Penso che una gran parte degli americani non conceda più il beneficio del dubbio alle imprese tecnologiche “.
Quindi, come possiamo ritornare in carreggiata? Le misure proposte da Stiglitz sono a largo respiro ed è difficile vedere come potrebbero essere realizzate rapidamente. La struttura normativa deve essere decisa pubblicamente – dice – e questo include anche quali dati possono memorizzare le imprese tecnologiche, quali dati possono usare, se possono assemblare dati provenienti da fonti diverse, per quali scopi possono (o non possono) utilizzare i dati, che grado di trasparenza devono fornire sull’uso che fanno dei dati. “Questi sono tutti argomenti che devono essere definiti”– dice – “Non possiamo consentire ai giganti della tecnologia di farlo per noi. Questo è un atto che deve essere fatto in pubblico con la consapevolezza del pericolo che le imprese tecnologiche rappresentano “.
Sono necessarie delle politiche fresche per frenare i poteri del monopolio e per ridistribuire l’immensa ricchezza che è concentrata nelle principali imprese di IA – aggiunge Stieglitz. Questo mese, Amazon è diventata la seconda impresa, dopo Apple, che raggiunge una valuazione di $1tn. (mille miliardi di dollari). Ora questa coppia vale più delle prime 10 compagnie petrolifere messe insieme. “Quando così tanta ricchezza è concentrata nelle mani di pochi, la società è più iniqua e questo fa male alla nostra democrazia“, afferma Stiglitz.
Le tasse non bastano. Per Stiglitz, si tratta del potere contrattuale nelle negoziazioni, dei diritti di proprietà intellettuale, della ridefinizione e dell’applicazione delle leggi sulla concorrenza, delle leggi di governance delle multinazionali e del funzionamento del sistema finanziario. “È una agenda molto più ampia della semplice ridistribuzione”, dice.
Non è un fan del reddito universale di base, una proposta per cui tutti devono ricevere una paghetta-minima per coprire i costi della vita. I sostenitori dicono che, dato che le imprese tecnologiche raccolgono sempre più ricchezza, il UBI (Universal Basic Income) potrebbe aiutare a redistribuire i proventi e a garantire che tutti ne traggano beneficio. Ma, per Stiglitz, la UBI è come un poliziotto e non crede che questo sia ciò che vuole la maggioranza della gente.
“Se non modifichiamo il nostro quadro economico e politico generale, andremo incontro ad una sempre maggior disuguaglianza salariale, una maggior disuguaglianza di reddito e di ricchezza e probabilmente ad una disoccupazione e una società maggiormente divisa. Ma niente di tutto questo è inevitabile “- dice – “Modificando le regole, potremmo arrivare ad una società più ricca, con una suddivisione dei frutti più equa e, molto probabilmente, ad una società dove le persone godranno di una settimana lavorativa più corta. Siamo passati da una settimana lavorativa di 60 ore a una settimana di 45 ore e potremmo arrivare a 30 o 25 “.
Niente di tutto ciò avverrà da un giorno all’altro, avverte. Servirà un dibattito pubblico più solido intorno all’I.A. e al lavoro che servirà per lanciare idee nuove, tanto per cominciare. “La Silicon Valley può assumere una quantità incredibile [di gente per lavorare nell’intelligenza artificiale], ma potrebbe non aver bisogno di molte persone per comprendere questo concetto, comprese le persone che già lavorano nella Silicon Valley e che sono insoddisfatte di come stanno andando le cose” – dice – “Chi ha già cominciato a pensare, penserà ad altre nuove idee. Ci saranno persone con la capacità di cercare e di trovare soluzioni. ”
Ringrazio per la traduzione Bosque Primario