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ChatGPT atrofizza il cervello. Il MIT lancia l’allarme.

beppegrillo.it - Giugno 20, 2025

Una rivoluzionaria ricerca del MIT Media Lab ha svelato un aspetto preoccupante dell’uso di ChatGPT e simili assistenti AI: l’accumulo di “debito cognitivo” nel nostro cervello quando li utilizziamo per compiti di scrittura. I risultati, ottenuti attraverso l’elettroencefalografia (EEG), rivelano come la nostra attività neurale si trasformi quando affidiamo alle macchine il processo creativo.

I ricercatori del MIT hanno condotto un esperimento su 54 partecipanti, divisi in tre gruppi distinti. Il primo gruppo utilizzava ChatGPT per la scrittura di saggi, il secondo faceva ricorso ai motori di ricerca tradizionali, mentre il terzo lavorava senza alcun supporto tecnologico, affidandosi esclusivamente alle proprie capacità mentali. Ogni partecipante ha completato tre sessioni nella propria condizione assegnata. In una quarta sessione cruciale, i gruppi sono stati invertiti: chi usava l’IA è passato a lavorare solo con il cervello, e viceversa. Questo approccio ha permesso di osservare gli effetti della transizione tecnologica direttamente sul cervello. I dati EEG hanno rivelato differenze drammatiche nell’attivazione cerebrale tra i gruppi.

I partecipanti che lavoravano senza supporti tecnologici mostravano le reti neurali più forti e distribuite, seguiti da quelli che utilizzavano motori di ricerca. Gli utilizzatori di ChatGPT, invece, presentavano la connettività più debole. L’attività cognitiva si riduceva proporzionalmente all’uso di strumenti esterni, un principio che questa ricerca conferma a livello neuroscientifico. Gli effetti osservati nella quarta sessione si sono rivelati ancora più preoccupanti. I partecipanti che sono passati dall’uso di ChatGPT al lavoro autonomo hanno mostrato ridotta connettività alfa e beta, indicando un sotto-coinvolgimento cerebrale. Al contrario, coloro che sono passati dal lavoro autonomo all’uso dell’IA hanno esibito maggiore richiamo della memoria e attivazione delle aree occipito-parietali e prefrontali, simile a quello osservato negli utilizzatori di motori di ricerca.

L’analisi attraverso tecniche di Natural Language Processing ha rivelato pattern significativi. I testi prodotti dai gruppi mostravano omogeneità interna ma differenze sostanziali tra gruppi. I partecipanti che utilizzavano ChatGPT non solo producevano contenuti meno originali, ma faticavano anche a citare accuratamente il proprio lavoro. Uno degli aspetti più inquietanti dello studio riguarda la percezione di proprietà del proprio lavoro: i partecipanti del gruppo che usava ChatGPT riportavano il senso di proprietà più basso sui propri saggi, mentre quelli che lavoravano autonomamente mostravano il più alto. La ricerca introduce il concetto di “debito cognitivo”, ovvero l’accumulo di deficit nelle nostre capacità mentali quando deleghiamo compiti cognitivi complessi alle macchine.

Nel corso dei quattro mesi di studio, gli utilizzatori di ChatGPT hanno costantemente sottoperformato a livello neurale, linguistico e comportamentale. Mentre i Large Language Models offrono indubbiali vantaggi in termini di velocità e convenienza, questa ricerca evidenzia costi nascosti significativi. La facilità d’uso potrebbe mascherare un progressivo indebolimento delle nostre capacità cognitive native. I risultati del MIT sollevano questioni fondamentali sul ruolo dell’IA nell’apprendimento. La comodità immediata dell’intelligenza artificiale potrebbe avere un costo cognitivo a lungo termine che stiamo solo iniziando a comprendere.

La ricerca non suggerisce di abbandonare completamente l’IA, ma ci invita a una riflessione profonda sul modo in cui la integriamo nelle nostre vite. Il futuro dell’apprendimento e della creatività umana dipenderà dalla nostra capacità di trovare un equilibrio tra l’assistenza tecnologica e il mantenimento delle nostre facoltà cognitive naturali. Lo studio evidenzia come la convenienza immediata possa nascondere conseguenze a lungo termine sulla nostra architettura mentale, suggerendo la necessità di un approccio più consapevole e bilanciato nell’utilizzo degli assistenti AI per compiti creativi e cognitivamente impegnativi.

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