Ci sono alcuni particolari droni che ci stanno donando una nuova visione sull’oceano, sulle sue dinamiche e sui suoi abitanti. Ormai a più di due anni dalla prima missione possiamo dire che tutto sta andando alla grande. Questo era un progetto in cui nessuno avrebbe scommesso un euro. Ma è andata bene.
L’idea di Ian Kerr e il suo team era molto semplice: dotare alcuni droni di particolari software e seguire le balene attraverso gli oceani.
Ma partiamo dall’inizio. Nel 2011, il ricercatore Iain Kerr stava cercando di localizzare alcune balenottere sul Golfo del Messico. Non era la prima volta che ci provava. Per chi non lo sapesse, il processo per monitorare le balene non è molto semplice. Di norma si aspetta che la balena si fa viva e poi quando emerge, si porta la nave da ricerca più vicino possibile al mammifero, così da poter sparare delle freccette ed estrarre un piccolissimo campione di pelle da analizzare.
Ma come abbiamo detto non è molto semplice.
Infatti è un procedimento che può impiegare moltissimo tempo. Di solito infatti si inseguono le balene per tutto il giorno, sperando di averle in superficie abbastanza tempo per poter sparare le freccette. Le balene infatti possono immergersi fino a 3.800 metri di profondità e rimanere sotto per più di 90 minuti. Questo vuol dire che quando riemergono possono essere a diversi chilometri di distanza. Insomma non è facile localizzarle.
Poi, un giorno, la svolta.
Mentre Ian sedeva a prua della barca e contemplava l’ennesima giornata sprecata, delle balene apparvero all’improvviso cosi vicine alla barca, che quando alcune di loro spruzzarono dal dorso, Ian si bagnò tutto.
Così si rese conto che sebbene quella era solo aria (appare come uno spruzzo per via della condensa) poteva sentire odori particolari. Questo voleva dire che in quegli spruzzi era presente materiale biologico e non solo acqua e aria. Questo voleva dire che si potevano trovare traccie biologiche. Insomma era molto più facile che prelevare dei campioni di pelle.
Ma come poteva avvicinarsi così tanto alle balene da poter aspettare che spruzzassero e prelevare quella sostanza? Avrebbe dovuto volare. La risposta fu molto semplice: droni.
Ian ha iniziato a lavorare con gli studenti dell’Olin College of Engineering per progettare quello che oggi si chiama “Parley SnotBot”. Un drone che può essere lanciato da una nave da ricerca, librarsi su una balena, e raccogliere un campione in un solo colpo.
Così Ian e il suo team hanno progettato i droni, li hanno sperimentati e nel 2015 SnotBot è stato lanciato in sette spedizioni. Questo ha permesso di raccogliere oltre 500 campioni di cinque specie di balene diverse in tre aree differenti: dalle balene australi al largo della costa della Patagonia; dalle balene megattere e orche al largo dell’Alaska; dalle balene azzurre nel Mare di Cortez in Messico e dalle balene grigie sul lato dell’Oceano Pacifico della Baja California.
Durante le spedizioni, i droni hanno trasmesso foto e video agli scienziati; quando la balena si immergeva, il pilota riportava sulla barca il drone. Il team ha anche usato i droni per volare sulle acque protette con una telecamera termica notturna e cercare i bracconieri.
La capacità del drone di scattare foto ad alta risoluzione della balena è qualcosa che migliora il lavoro dei ricercatori in maniera impressionante. La pinna caudale delle balene è l’equivalente delle impronte digitali umane, così che possono essere usate per identificare senza errore l’animale in questione.
Inoltre uno speciale software progettato dagli scienziati di Intel, sfrutta l’intelligenza artificiale per analizzare istantaneamente le immagini, generare un ID e raccogliere tutti i dati esistenti sull’animale. Il software fornisce anche un controllo immediato dello stato di salute della balena, anche se il suo corpo è parzialmente sommerso. Quando analizza la foto, è in grado di capire se una balena è sana o malnutrita.
Grazie alla raccolta del DNA delle balene, gli scienziati stanno utilizzando le informazioni genetiche per contare le singole balene e persino tracciare linee matrilineari. È una buona notizia per monitorare le popolazioni che si riprendono o meno dalla loro decimazione a causa della caccia commerciale alle balene e ottenere conteggi accurati in diverse parti dell’oceano.
Questa visione della vita delle balene, arricchita da droni, ci offre una finestra su come stanno andando i nostri oceani e magari renderci conto che è possibile salvarli.