di Fabio Nottebella – Chi nella propria vita non si è chiesto, almeno una volta, se siamo soli nell’Universo? Certo, se fossimo realmente soli, prendendo in prestito una celebre frase dal noto film “Contact”, tutto ciò che ci circonda sarebbe un gran bello spreco di spazio…
Molto spesso, quando si pensa a forme di vita aliena, si è soliti immaginare che questa possa esistere soltanto oltre il nostro Sistema Solare, in mondi orbitanti attorno a stelle molto lontane che, tenuto conto delle distanze in ambito astronomico e che non siamo su Star Trek, possiamo tranquillamente dire irraggiungibili per le possibilità umane attuali.
In realtà invece, proprio a “due passi” astronomici da casa nostra, il Sistema solare potrebbe riservarci delle grandi sorprese. Esistono infatti “mondi”, pardon “lune”, orbitanti attorno ai pianeti gassosi del sistema solare esterno (si definisce sistema solare esterno tutto ciò che sta oltre la cosiddetta “fascia degli asteroidi”) che potrebbe riservarci enormi sorprese da un punto di vista astrobiologico e cioè con riguardo alla possibilità di esistenza di forme di vita oltre il nostro Pianeta.
Ci si riferisce in particolare a veri e propri mondi oceanici, o oceani alieni se preferite, come Europa, una delle lune di Giove o Encelado e Titano, entrambe lune di Saturno. Intediamoci: queste 3 lune citate non sono probabilmente le sole nel nostro Sistema a possedere un oceano di acqua globale liquida al di sotto della loro spessa crosta ghiacciata ma rappresentano, ad avviso di chi scrive, quei corpi sui quali abbiamo più dati a disposizione e di conseguenza possiamo provare a formulare determinate conclusioni sulla base di date evidenze scientifiche.
Qui parleremo in particolare di Encelado, la più piccola delle lune menzionate che tuttavia, nonostante i suoi poco più che 500 chilometri di diametro, nasconde meraviglie inaspettate e soprattutto sconosciute ai più.
Se qui ci fosse realmente qualcosa di “vivo”, cosa potremmo aspettarci sulla base dei dati scientifici in nostro possesso? Di certo, (è un discorso generale che vale un po’ per tutto il nostro Sistema solare e non solo per Encelado), se qualcosa c’è non si tratta di una forma di vita senziente o comunque complessa come potrebbe essere un animale o anche soltanto un insetto (sebbene mi piacerebbe tanto essere prima o poi smentito..). Ciò che potremmo trovare è invece un’origine della vita, sebbene in forma elementare, che – oltre al fascino della scoperta in sé – potrebbe senza dubbio aiutare astrobiologi ed evoluzionisti a comprendere quel fenomeno che oggi, dopo miliardi di anni di evoluzione, ci fa essere –nel bene e nel male – quel che siamo.
Quali elementi abbiamo per poter fare affermazioni simili?
Gli elementi sono stati raccolti principalmente grazie alla missione della Nasa “Cassini” che prende il nome proprio dall’astronomo italiano Giovanni Domenico Cassini il quale, verso la fine del Seicento, ebbe un ruolo di primaria importanza nello studio di Saturno. Questa missione fu lanciata il 15 ottobre 1997 e ha inviato a Terra tutta una mole di dati raccolti tra il 2004 e il 2017 sul sistema di Saturno che ancora oggi, a distanza di tanti anni, producono scienza consentendo nuove scoperte.
Proprio grazie ai numerosi sorvoli effettuati dalla sonda, oggi possediamo dati in grado di confermarci la presenza di un oceano globale di acqua liquida su questa luna sotto la sua crosta ghiacciata. Sì, avete letto bene: proprio un oceano di acqua salata come sulla Terra ma molto più profondo della media degli oceani terrestri e che, al polo sud, attraverso gli spruzzi dei geyser presenti che gettano materiale per decine se non centinaia di chilometri nello Spazio, colora di blu tutta l’area circostante arrivando addirittura a formare un anello di Saturno, l’anello E.
Ma oltre ai dati sull’aspetto fisico e geologico di questa luna, Cassini ha messo in luce anche un altro dato molto interessante e cioè la presenza di molecole organiche quali metano, propano, acetilene e formaldeide. Alcune di quelle sostanze possono ad esempio essere prodotte da reazioni chimiche ma anche da batteri che potrebbero in teoria popolare l’oceano di Encelado.
Allo stato degli atti, possiamo infatti supporre che potrebbero sussistere le condizioni perché qualcosa di vivo possa esserci in quanto abbiamo:
- Acqua allo stato liquido a contatto con il cuore roccioso di Encelado ricco di elementi chimici fondamentali per la vita come la conosciamo come ad esempio: Carbonio, Idrogeno, Azoto, Ossigeno, Fosforo e Zolfo;
- Fonte di calore / energia: non derivante dal Sole come accade sulla Terra, poiché ad una tale distanza i raggi della nostra stella arrivano in modo piuttosto debole, ma derivante dalle forze mareali di Saturno che in sostanza “allargano” e “stringono” continuamente questa piccola luna producendo appunto energia che riesce a mantenere l’acqua allo stato liquido.
- Menù metabiotico: abbiamo evidenze della presenza su Encelado di idrogeno molecolare, una potenziale fonte di cibo per i microbi. L’idrogeno è una fonte di energia chimica che supporta i microbi anaerobici che vivono anche negli oceani terrestri vicino alle bocche idrotermali. Sul fondo dell’oceano terrestre infatti, le prese d’aria idrotermali emettono fluidi caldi, ricchi di energia e carichi di minerali che consentono a ecosistemi unici, brulicanti di creature insolite, di prosperare.
- Quantità elevate di metano: da un lato il metano potrebbe essere prodotto da un particolare tipo di microbi detti “metanogeni”, che “mangiano” la molecola di idrogeno e generano metano; dall’altro lato la presenza di metano potrebbe invece spiegarsi alla luce di processi chimici presenti anche sulla Terra nei pressi di bocche idrotermali. Tuttavia a tale riguardo è bene evidenziare che i risultati suggeriscono che anche la stima più alta possibile della produzione abiotica di metano basata sulla chimica idrotermale nota è lungi dall’essere sufficiente per spiegare la concentrazione di metano misurata nei pennacchi di Encelado.
Per cercare di arrivare a comprendere cosa accade nell’oceano di Encelado, va poi evidenziato che una buona base di partenza, oltre ai dati raccolti in loco dalle sonde durante le missioni, potrebbe essere quello di studiare alcune località del nostro Pianeta le quali, per caratteristiche, potrebbero ricordare l’ambiente di quella luna come, ad esempio, Lake Vida in Antartide presso cui sono state rinvenute delle forme di vita nel ghiaccio dove non arriva la luce solare o anche Lost City, collocata lungo la dorsale oceanica atlantica, presso la quale pure sono state rinvenute delle forme di vita a circa 3 km di profondità nei pressi delle sue bocche idrotermali, condizione quest’ultima simile a quanto potremmo trovare su Encelado.
Teniamo però bene a mente un concetto: anche se Encelado è in possesso delle caratteristiche per supportare una qualche forma di vita e quindi in astratto possa essere definito come “abitabile”, non è detto che poi in concreto sia anche “abitato”. I due concetti infatti sono sostanzialmente diversi: un luogo può avere tutte le caratteristiche per “accogliere” la vita ma non è detto che le abbia anche per “generarla”.
Già perché come si genera la vita? Ci sono varie teorie al riguardo e la verità è che nessuno lo sa con precisione. Si fanno ipotesi sulle quali si potrebbero scrivere libri. Secondo alcuni, la vita sarebbe in grado di nascere spontaneamente in quei luoghi dell’universo che posseggono le condizioni giuste. Secondo altri invece, la vita potrebbe essere arrivata – ad esempio qui sulla Terra – a cavallo di comete o asteroidi e poi è riuscita ad evolversi poiché nel luogo di arrivo vi erano le condizioni giuste: è questa l’affascinante teoria della cosiddetta “panspermia”.
Ad ogni modo, che sia giunta dall’esterno o che si sia generata dall’interno, studiare l’origine della vita, l’origine di un organismo in grado di autostostenersi, replicarsi ed evolvere secondo le regole darwiniane, rimane da sempre uno degli argomenti più affascinanti dello scibile umano.
L’AUTORE
Fabio Nottebella è un professionista nell’ambito delle risorse umane e un divulgatore scientifico in campo astronomico. Studioso delle lune ghiacciate, collabora con l’Osservatorio Astronomico della Regione Autonoma Valle d’Aosta per il quale cura una serie di rubriche a tema Sistema Solare. E’ autore del libro “C’è vita nel Sistema Solare? Encelado” edito da Scienza Express Edizioni.