di Gianluca Riccio – L’intera missione Apollo 11 durò solo 8 giorni. Se il mondo ha in mente di mettere radici anche su altri pianeti, i futuri astronauti dovranno passare ben più tempo fuori: mesi, talvolta anni lontani dalla Terra.
La domanda è: come faranno a realizzare degli avamposti?
Usare razzi per inviare tutti gli equipaggiamenti e materiali necessari alla costruzione di basi a lungo termine è proibitivo. Per questo la stampa 3D potrebbe essere d’aiuto: gli astronauti potrebbero usare, ad esempio, la stessa superficie lunare come fonte di materia prima. Inviando una stampante 3D opportunamente equipaggiata per operare nello spazio e dirigendola a distanza si potrebbero realizzare strutture ancora prima dell’arrivo di astronauti dal nostro pianeta. Il materiale di più immediato utilizzo non sarebbe la roccia, purtuttavia, ma lo stesso suolo. La “polvere lunare”, che sembra avere una notevole versatilità.
Athanasios Goulas, ricercatore all’Università di Loughborough in UK, sperimenta da 3 anni la possibilità di realizzare tutto, dagli utensili ad intere abitazioni, usando unicamente il suolo del nostro satellite. Da buon ricercatore si è misurato anzitutto con i problemi, mentre quelli come me sono impegnati ad ammirare le prospettive.
Anzitutto la gravità: una stampante 3D dovrebbe tenere conto di quella sulla Luna, differente dalla nostra, ed essere in grado di lavorare a livelli di pressione e temperatura molto diversi da quelli terrestri.
Ed ecco il secondo problema: la luna è coperta da Regolite, la polvere formata dall’impatto della Luna con meteoriti che per milioni di anni l’hanno bersagliata. Questi hanno frantumato la superficie rocciosa ottenendo un materiale composto da granelli grandi al massimo pochi millimetri. Per tenerli insieme e farne mattoni da costruzione occorrerebbe portare dalla terra anche dei collanti.
Athanasios e i suoi colleghi hanno risolto questo problema sviluppando un laser in grado di fondere i granelli di Regolite per renderli compatti e strato su strato costruire con calma strutture tridimensionali. Con molta calma, per la verità. Gli strati stampabili sono spessi 1 millimetro, fate voi i conti di quanto ci vorrebbe a tirare su un intero muro. In attesa di sviluppi, sarà possibile costruire in modo rapido ed efficace filtri per acqua o polvere, o parti di ricambio dei velivoli spaziali, accelerando in ogni caso la colonizzazione.
Quanto tempo ci vorrà?
Dipende da quanto sforzo scientifico sarà messo in campo: se pensate che il problema maggiore è il danaro avete visto giusto. Servirebbero più campioni di suolo lunare, ad esempio, per studiare meglio il comportamento della Regolite: chi si offre con secchiello e paletta?
Tempo al tempo: le prossime missioni Lunar Gateway previste nel 2022 e nel 2024 forniranno nuove informazioni ad Athanasios e ai suoi colleghi di tutto il mondo per “stampare”, ovviamente in 3D, la nuova era dei viaggi sulla Luna.
Riferimenti:
Athanasios Goulas
Ricerche nella stampa 3D con suolo lunare
L’AUTORE
Gianluca Riccio, classe 1975, è direttore creativo di un’agenzia pubblicitaria, copywriter, giornalista e divulgatore. Fa parte della World Future Society, associazione internazionale di futurologia e di H+, Network dei Transumanisti Italiani. Dal 2006 dirige Futuroprossimo.it, una risorsa italiana sul futuro.