Il Comune di Milano, una volta capitale morale, in seguito Milano da bere, e oggi senza neppure una qualunque identità, ha rifiutato la cittadinanza onoraria al Dalai Lama. Gli era stata promessa. Per ragioni di bottega gli è stata negata con il solito teatrino all’italiana e la nuova maschera lombarda a far la figura di merda: il facondo Pisapippa, una via di mezzo tra Balanzone e Arlecchino, il “vorrei ma non posso” di piazza della Scala, il dimissionario dall’Expo, ma anche no. La Cina, oltre ad aver occupato il Tibet, ha occupato anche Palazzo Marino. I neo maoisti meneghini hanno bocciato l’onorificenza a Tenzin Gyatso in nome dei danè. La Cina ha infatti minacciato di non partecipare all’Expo 2015 e pressioni di ogni genere sono arrivate in questi giorni al Comune di Milano da parte degli investitori cinesi. La nuova bandiera comunale dovrebbe essere un paio di mutande rosse. Io ho avuto l’onore di incontrare il Dalai Lama nella sua ultima visita a Milano. Mi concesse mezz’ora del suo prezioso tempo e, alla fine del colloquio, mi donò una sciarpa bianca e un forte abbraccio. Gli promisi il mio appoggio. Il Tibet è occupato, straziato, e l’Italia fa affari con chi lo occupa senza provare vergogna e si lascia ricattare nelle sue decisioni politiche per motivi economici. A questo punto è arrivato il Paese di Michelangelo e Giulio Cesare, di Leonardo e di Marconi, a farsi condizionare come un pezzente nei suoi rapporti internazionali. La dignità ce la siamo messa nel culo. Mi è arrivata notizia di una telefonata direttamente al presidente del Consiglio Comunale di Milano da alte autorità cinesi perché dissuadesse Pisapia dalla cittadinanza onoraria al Dalai Lama. Spero che non sia vero e che, nel caso, si sia risposto con un vaffanculo in cinese. Ma senza dubbio mi illudo. In Tibet sta avvenendo qualcosa di inaudito, contro l’occupazione cinese si stanno dando fuoco le giovani madri. Finora era successo solo per gli uomini. Il Tibet è circondato da un muro di omertà alla cui costruzione partecipa anche l’Italia. Buttiamo giù il muro. I muri sono da sempre impastati con il sangue dei popoli.
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