di Gianluca Riccio – Conoscete tutti il concetto di “deserti alimentari”? Si tratta delle aree in cui è difficile trovare supermercati e negozi in cui trovare frutta e verdura, cibo fresco e bio. Ci sono intere aree urbane nei Paesi occidentali nelle quali è impossibile mangiare del cibo “vero”. C’è anche di peggio, però. Avete mai sentito parlare delle “paludi alimentari”? Si tratta di zone che sono sovraccariche di altro: cibo da asporto, fast food e opzioni che “condannano” i residenti ad avere un regime alimentare pessimo. A lungo andare, e in una sola parola: letale.
Le disuguaglianze alimentari e le loro conseguenze
Un recente studio condotto negli USA (potremmo definirla la patria del fenomeno? Chiedo) mette in luce come queste disuguaglianze alimentari possano causare un aumento nel rischio di morte per tumori legati all’obesità. Sono ben 13 i tipi di cancro legati a questa condizione di sovrappeso: tra questi il cancro al seno, all’intestino e al fegato. Insieme, fanno il 40% di tutti i tumori del paese. Vi linko qui i risultati dell’analisi fatta da Malcolm Seth Bevel e colleghi dell’Università di Augusta in Georgia.
Negli USA, i quartieri meno ricchi e con una popolazione prevalentemente di origine afroamericana sono, di fatto, paludi alimentari. Hanno da tre a quattro volte meno offerta alimentare e meno negozi “sani” rispetto ai quartieri ricchi e abitati in prevalenza da bianchi. Questo limita la loro possibilità di accedere a cibo fresco e a prezzi accessibili. L’opzione “economica”, come immaginerete, è quella che fa più male alla salute. Non solo Stati Uniti, comunque. Anche in Australia, molti sobborghi della Sydney occidentale “costruiti a forma di auto” (distanti da servizi e negozi) non hanno punti vendita di cibo. Quando ne hanno, l’84% di loro sono fast food. Risultato? I tassi di malattie croniche come l’obesità, il diabete e le malattie cardiovascolari sono più alti in queste aree, hanno scoperto i ricercatori.
Il legame tra le paludi alimentari e il rischio di cancro
Le paludi alimentari, caratterizzate da una sovrabbondanza di fast food e minimarket rispetto ai supermercati, si trovano prevalentemente nelle regioni meridionali e sud-orientali degli Stati Uniti, dove i tassi di malattie croniche sono i più alti. La ricerca rivela che esiste un forte legame tra la presenza di paludi alimentari e una percentuale elevata di decessi per cancro legati all’obesità. In numeri? I residenti nelle paludi alimentari hanno il 77% di probabilità in più di morire per un cancro legato all’obesità.
Non equivocate: l’obesità e il cancro sono patologie complesse, influenzate da una moltitudine di fattori oltre alla dieta. Nonostante ciò, questo nuovo studio è un richiamo importante alla necessità di affrontare le disuguaglianze alimentari e trovare soluzioni a questo problema sistemico. Un problema che, con la sempre crescente gentrificazione delle grandi città, metterà piedi anche in Europa con centri storici sempre più preda dei fast food e dei grandi marchi, e con sempre meno negozi “quotidiani”.
Fuori dalla palude
Bevel e i suoi colleghi suggeriscono che per rendere equo l’accesso al cibo non basta solo fornire più negozi di alimenti sani: è necessario creare quartieri più pedonali e promuovere l’agricoltura urbana attraverso gli orti comunitari. Non è sufficiente dire alle persone di scegliere cibi sani se non hanno accesso a queste opzioni. Giusto qualche giorno fa ho raccontato qui gli sforzi di molte città per costruire spazi a misura d’uomo (le famose “città di 15 minuti”): tra questa possibilità e i timori di qualche commentatore che rifiuta l’idea perchè “sono recinti in cui ci controllano”, la vedo dura.
Le persone vivono già in recinti, anzi in paludi, che senza sbarre e col sorriso di un bel cartellone che mostra un panino gigante le uccidono lentamente. Di quello non hanno paura. Questo studio ci ricorda l’importanza del contesto geografico e socio-economico nella nostra salute, e mette in luce il ruolo fondamentale delle politiche pubbliche per ridurre le disparità sanitarie, anche quelle legate all’alimentazione.
Conoscere questi problemi, conoscere le opportunità che derivano da un cambiamento nel modo di pensare e costruire le nostre città e i nostri quartieri: ci serve questo. Non avere paura di tutto, e abbaiare alla luna mentre mangiamo del pollo fritto.
L’AUTORE
Gianluca Riccio, classe 1975, è direttore creativo di un’agenzia pubblicitaria, copywriter, giornalista e divulgatore. Fa parte della World Future Society, associazione internazionale di futurologia e di H+, Network dei Transumanisti Italiani. Dal 2006 dirige Futuroprossimo.it, una risorsa italiana sul futuro.