“Faccio parte di quella generazione dove si andava a comprare il latte sfuso con la bottiglia con il tappo a macchinetta. Quando facevo le elementari il nostro bidello girava con la caraffa dell’inchiostro a riempire i calamai nei banchi di legno, un calamaio ogni due studenti. Immancabilmente c’era qualcuno che vi soffiava dentro e dopo, oltre ad assomigliare a Ray Charles, erano botte e bacchettate. Le maestre scaldavano sul termosifone le bottigliette di latte – cacao della nostra Centrale del Latte, destinate ai bambini del patronato. A casa, si facevano le palle di carta ricavate dai giornali per metterle nella stufa per risparmiare sulla legna e sul carbone (il cock, ve lo ricordate?) che veniva portato nella cantina e si andava a prendere ogni sera con “l’unghia” il recipiente che poteva contenere la quantità per passare la notte al tiepido.
I paletot erano a scalare, cioè il più grande lo passava al fratello più piccolo, ma essendo primogenito, mi adattavano i cappotti degli zii o dei cugini più grandi. Nel negozio degli alimentari si faceva la “lista” per poi pagarla a fine mese. Pensate che sia ultracentenario? No, ho solo pochi anni in più del nostro “Zucchero” Fornaciari. E pensate che una futura recessione possa far paura alla mia/nostra generazione? Ce li mangeremo vivi”. Stefano