di Igor G. Cantalini
Quest’anno sotto l’albero i bambini troveranno regali in grado di rispondere. Robot giocattolo e peluche con intelligenza artificiale sono in arrivo sul mercato, progettati per insegnare, giocare, raccontare storie. Gli adolescenti passano già buona parte del tempo con videogiochi e video alimentati dall’IA e a scuola materiali educativi creati con strumenti generativi stanno diventando normali. Alcuni ragazzi studiano insieme a chatbot-tutor personalizzati e iniziano ad affidarsi a queste tecnologie come compagne silenziose delle loro giornate. Questa trasformazione promette un’educazione cucita su ciascun bambino, con tutoraggio costante, programmi adattivi, contenuti creativi personalizzati. L’IA propone canzoni composte sui bambini, storie con loro protagonisti, videogiochi calibrati sulle loro capacità e compagni digitali che li incoraggiano. Il sogno è rendere universale un trattamento che un tempo apparteneva ai ragazzi più privilegiati.
Nella realtà emergono segnali d’allarme. Nel rapporto 2025 di Save the Children risulta che tra i 15 e i 19 anni il 92,5% degli adolescenti italiani utilizza strumenti di IA e che quasi uno su due ha chiesto supporto emotivo a un chatbot in momenti di difficoltà . In un’altra indagine il 67% dei ragazzi tra 9 e 17 anni dichiara che considera i chatbot come amici o confidenti a cui raccontare problemi personali . Nei giovani europei tra 18 e 35 anni il 57% riferisce un senso di solitudine significativo, secondo un’analisi comparativa pubblicata nel 2024 . Il fenomeno coinvolge anche i più piccoli: ricerche divulgate nel 2025 indicano che tra l’11 e il 17% degli adolescenti avverte solitudine con una frequenza che incide sul benessere e sulla vita quotidiana .
La tecnologia tende a proporre solo ciò che la persona già preferisce. Questo meccanismo limita l’incontro con esperienze nuove e riduce l’esplorazione spontanea. Se tutto è personalizzato, l’infanzia rischia di diventare un percorso prevedibile, senza deviazioni, senza difficoltà da affrontare, senza sorprese. La socializzazione non si costruisce su risposte calibrate, ma su relazioni umane imperfette. Quando un compagno digitale è sempre disponibile, non contraddice mai, non esprime un’emozione propria, l’interazione diventa un addestramento alla solitudine.
Nel frattempo il contesto psicologico peggiora. In Europa l’uso problematico dei social media tra gli adolescenti è salito dall’7% all’11% in soli quattro anni secondo l’ufficio europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Dipendenza digitale, ansia e disturbi del sonno crescono insieme alla presenza costante degli schermi. L’intelligenza artificiale può amplificare queste dinamiche, rendendo la tecnologia non solo uno strumento, ma la principale interlocutrice emotiva dei ragazzi.
La scuola è il luogo in cui l’infanzia trascorre gran parte del proprio tempo e ora deve affrontare una scelta. Può utilizzare l’IA come supporto per migliorare l’accesso al sapere, oppure delegare alle macchine la relazione educativa. La prima strada richiede più impegno, più guide umane e più occasioni di confronto reale. La seconda è più semplice, ma rischia di peggiorare la fragilità emotiva dei giovani e di accentuare le disuguaglianze. Dove mancano risorse e insegnanti, ci sarebbe la tentazione di usare chatbot come sostituti economici. Per quei ragazzi l’istruzione diventerebbe tecnica e isolata, priva di quel tessuto sociale che aiuta a crescere.
I bambini hanno bisogno di conflitti, di noia, di incontrare ostacoli. Hanno bisogno di amici con cui litigare, di insegnanti da contestare, di compagni con cui scoprire il mondo. Hanno bisogno di persone reali. L’intelligenza artificiale può sostenere l’apprendimento e arricchire il gioco se resta sullo sfondo; se occupa il primo piano, rischia di spegnere ciò che rende l’infanzia un’esperienza condivisa.
Il progresso tecnologico continua a correre, e potrebbe offrire a ogni bambino opportunità che fino a ieri erano destinate a pochi. Tuttavia i ragazzi realmente privilegiati potrebbero essere quelli che imparano anche a stare senza uno schermo davanti, per un tempo sufficiente a formare carattere, immaginazione e capacità di vivere con gli altri. Per loro e per tutti gli altri, la cosa più importante potrebbe non essere accendere una macchina, ma sapere quando è giusto spegnerla.
L’AUTORE
Igor G. Cantalini – Esperto di comunicazione e marketing digitale di 45 anni, laureato in Scienze della Comunicazione, ha lavorato con brand di fama nazionale e internazionale, specializzandosi successivamente in Intelligenza Artificiale. Scrittore e divulgatore, pubblica articoli su vari temi.





