di Michael Sandel – Ecco un domanda su cui dovremmo riflettere nuovamente: quale dovrebbe essere il ruolo dei soldi e dei mercati nelle nostre società?
Al giorno d’oggi ci sono pochissime cose che i soldi non possono comprare. Se siete reclusi in prigione a Santa Barbara, in California, e non vi piacciono le sistemazioni standard, potete comprare una cella di categoria superiore. Per quale prezzo? Ottantadue dollari a notte. Se andate in un parco di divertimento e non volete fare la fila c’è una soluzione. In molti parchi a tema, potete pagare un extra per saltare in cima alla fila. Lo chiamano Fast Track, o biglietto VIP. E questo non accade solo nei parchi di divertimento. A Washington, talvolta si formano lunghe file per importanti udienze del Congresso. Ad alcune persone succede di aspettare magari di notte, anche con la pioggia. Ma per chi vuole si può andare da aziende che assumono dei senzatetto per aspettare in fila tutto il tempo che serve.
Il ricorso a meccanismi di mercato, a ragionamenti di mercato e soluzioni di mercato, si verifica in aree sempre più vaste. Prendete per esempio come combattiamo le guerre. Sapevate che, in Iraq e Afghanistan, c’erano più appaltatori militari privati che truppe militari degli Stati Uniti? Non perché ci fosse stato un dibattito pubblico sul voler dare in concessione la guerra ad aziende private, ma è comunque quello che è successo.
Nei tre decenni passati, abbiamo vissuto una rivoluzione silenziosa. Ci siamo spostati, quasi senza notarlo, dall’avere un’economia di mercato a diventare una società di mercato. La differenza è questa: un’economia di mercato è uno strumento efficace e prezioso, per organizzare l’attività produttiva, ma una società di mercato è un luogo dove quasi tutto è in vendita. È uno stile di vita, in cui ragionamenti di mercato e i valori di mercato cominciano a dominare ogni aspetto della vita: relazioni personali, vita familiare, salute, educazione, politica, leggi, vita civile.
Questo è preoccupante per due ragioni.
Una ha a che fare con la disuguaglianza. Più cose i soldi possono comprare, più è rilevante la loro abbondanza, o mancanza. Se l’unica cosa cui i soldi garantissero l’accesso fossero yacht o vacanze prestigiose, la disuguaglianza non sarebbe poi così importante. Ma quando i soldi cominciano a governare l’accesso ai beni necessari per una vita decorosa, come un’assistenza sanitaria decente, una istruzione migliore, l’influenza nella politica, insomma quando i soldi decidono tutte queste cose, la disuguaglianza ha una grande rilevanza.
La seconda ragione è la seguente: riguardo ad alcuni beni e attività sociali, quando subentrano ragionamenti di mercato e valori di mercato, possono cambiare il senso di queste attività ed escludere comportamenti e norme per le quali valga la pena preoccuparsi. Ma vorrei fare un esempio.
Molte scuole lottano nel tentativo di motivare i bambini, specialmente i bambini svantaggiati, a studiare tanto, a fare bene a scuola, ad applicarsi. Alcuni economisti hanno proposto una soluzione di mercato: offrire incentivi in denaro ai bambini per ottenere voti migliori o per leggere dei libri. Hanno persino fatto alcuni esperimenti in alcune tra le maggiori città americane. A New York, a Chicago, a Washington lo hanno provato. Hanno offerto 50 dollari per un 10, 35 dollari per ogni 9. A Dallas, in Texas, hanno un programma che offre ai bambini di otto anni, due dollari per ogni libro che leggono. Alcune persone sono a favore, altre sono contrarie. Chi è contrario pensa che in questo modo si uccida la motivazione, che dovrebbe nascere spontanea. E questa dovrebbe essere: imparare. Anche perché, cosa succede quando smetti di pagare? I bambini smettono anche di leggere libri? Chi è d’accordo pensa invece che l’incentivo spinga il bambino a fare cose che non avrebbe fatto, e che magari, continuerà a leggere anche dopo aver smesso di pagarlo.
Ma adesso vi dico che cosa è successo con questi esperimenti. Il denaro per i voti, nella maggior parte dei casi non ha prodotto voti più alti. I due dollari per libro hanno portato i bambini a leggere più libri. Ma li ha anche portati a leggere libri più corti.
Quindi penso che la vera domanda sia un’altra. É qualcosa che molti economisti trascurano. Gli economisti spesso sostengono che i mercati siano inerti, che non corrodano i beni scambiati. Che lo scambio di mercato non cambi il significato o il valore del bene scambiato. Questo potrebbe essere vero se si parla di beni materiali. Se mi vendete un televisore a schermo piatto o me lo regalate, sarà comunque lo stesso oggetto. Funzionerà allo stesso modo. Ma ciò potrebbe non valere se si parla di beni non materiali e di aspetti sociali, come l’insegnamento e l’apprendimento, o l’impegno collettivo nella vita civile. Portare meccanismi di mercato e incentivi in denaro in questi campi, può minare o escludere valori e comportamenti estranei al mercato per cui vale la pena preoccuparsi.
Dobbiamo chiederci a cosa appartengano i mercati e a cosa no. Ma per avere questo dibattito, dobbiamo fare qualcosa che non siamo molto bravi a fare, cioè ragionare insieme sul valore e il significato degli aspetti della società, dai nostri corpi alla vita familiare, dalle relazioni sociali alla salute, dall’apprendimento alla vita civile. Queste sono questioni spinose, per cui tendiamo a far finta di nulla. Per paura di non essere d’accordo, eludiamo queste domande. Questo porta a una condizione dove coloro che sono ricchi e coloro che hanno mezzi più modesti vivono vite sempre più separate. Viviamo, lavoriamo, acquistiamo e giochiamo in luoghi separati. I nostri bambini frequentano scuole diverse. Ci divertiamo in posti diversi, ci curiamo in posti diversi, ci aggreghiamo in posti diversi e così via.
Ciò non è un bene per la democrazia, e non è un modo di vivere, anche per quelli di noi che possono permettersi di comprare i posti in prima fila. Perché un mondo che esclude, è un mondo di pochi. Poche emozioni, poche scoperte, poche relazioni, poche opportunità. Dobbiamo invece includere.
Michael J. Sandel è un filosofo statunitense. Ha scritto questo libro, che vi consiglio: “Quello che i soldi non possono comprare. I limiti morali del mercato”
Tradotto da Fabio Avino
Revisione di Ester garau