
di Beppe Grillo
C’è chi dice che il futuro del lavoro sarà senza lavoro e chi invece dice che lavoreremo ancora di più ma se guardiamo alle menti più lucide del Novecento, la direzione era un’altra. Meno ore, più qualità della vita, più tempo per pensare, creare, vivere.
Già nel 1930, nel celebre saggio Prospettive economiche per i nostri nipoti (Economic Possibilities for Our Grandchildren), l’economista John Maynard Keynes immaginava che nel giro di un secolo, (quindi ora!) intorno al 2030 si potesse vivere bene lavorando solo 15 ore a settimana. Scriveva che “il problema economico potrebbe essere risolto, o almeno essere in vista di una soluzione, entro cento anni con turni di tre ore o la settimana di quindici ore”, grazie al progresso tecnologico e all’aumento della produttività. Che quella previsione avesse basi concrete lo dimostra anche questo esempio: nel 1998 i lavoratori delle aziende statunitensi svolsero un totale di 194mila miliardi ore di lavoro. 15 anni dopo, nel 2014, il valore dei beni e i servizi prodotti delle imprese americane al netto dell’inflazione era aumentato di circa 3500 miliardi di dollari, un incremento dell’output del 42%. La quantità del lavoro umano richiesta per ottenere tale risultato è stata di 194miliardi di ore. In altre parole, la produttività è cresciuta senza un aumento delle ore lavorate, nonostante nel frattempo siano nate in 15 anni migliaia di nuove imprese.
Eppure oggi, nel 2025, ci stiamo allontanando da quella visione lungimirante. In Italia siamo ancora fissati con le 40 ore settimanali. Si discute da tempo di una riduzione a 32 ore a parità di salario (salarium, denaro per il sale) ma è tutto fermo.
Quando nel 2011 lanciai la proposta delle 20 ore settimanali retribuite, sembrava una provocazione, ma era persino moderata rispetto a quella del gesuita ed economista Oskar von Nell-Breuning, che già nel 1980 proponeva un solo giorno di lavoro alla settimana, 8 ore!
Secondo Nell-Breuning, il lavoro umano poteva essere suddiviso così: un terzo serve a produrre danni ambientali, psicologici, sociali, un altro terzo serve a controllare o riparare quei danni, e solo l’ultimo terzo è realmente utile. Dunque, basterebbe fare bene quel terzo utile e avremmo già raggiunto l’equilibrio.
Nell-Breuning fu anche l’autore dell’enciclica Quadragesimo anno (1931), in cui inserì un concetto oggi spesso citato ma raramente compreso, la susssidiarietà, ovvero se un ente “più in basso” è capace di fare qualcosa, quello “più in alto” deve lasciargli fare e sostenerne l’azione, che tradotto nel mondo del lavoro è: se una comunità, un gruppo, un territorio è in grado di organizzare tempi e modi della propria attività economica con maggiore equilibrio, lo Stato dovrebbe favorire e sostenere, non ostacolare con logiche centralistiche o obsolete.
Abbiamo davvero bisogno di un cambio di pensiero, totale!
Oggi parlare di 20 ore a settimana sembra quasi fantascienza, eppure, era la normalità per molti dei grandi pensatori del secolo scorso.
Nel 2050, lavorare 20 ore a settimana potrebbe non essere solo possibile, ma necessario, per la salute mentale, per l’ambiente, per l’equilibrio tra automazione e occupazione.