A conclusione della 49esima Settimana sociale dei Cattolici, Monsignor Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto e presidente del Comitato scientifico e organizzatore, traccia la strada che la Chiesa deve intraprendere per una transizione ecologica.
Le 25 mila parrocchie del nostro paese sono state incoraggiate a diventare eco-sostenibili e costruire le prime comunità energetiche, diventando così produttrici di energia e nello stesso tempo consumatrici: “…Dobbiamo innanzitutto essere noi il cambiamento che vogliamo vedere nel mondo. In questi mesi di preparazione alle giornate di Taranto abbiamo maturato progressivamente, attraverso incontri nelle diocesi e sui territori ed audizioni con le istituzioni, la convinzione che è importante sostenere alcune proposte di riforma per l’ecologia integrale. Abbiamo convenuto che il cambiamento però non avviene solo dall’alto ed è fondamentale il concorso della nostra “conversione” negli stili di vita come singoli cittadini e come comunità.
Per questo motivo intendiamo indicare quattro piste di conversione e di generatività futura per le nostre parrocchie.
La prima è la costruzione di comunità energetiche.
Come è ben noto il collo di bottiglia della transizione ecologica nel nostro paese è rappresentato dalla quota limitata di produzione di energia da fonti rinnovabili. Le comunità energetiche attraverso le quali gruppi di cittadini o di imprese diventano prosumer (produttori di energia che in primo luogo autoconsumano azzerando i costi in bolletta e vendendo poi in rete le eccedenze) sono una grande opportunità dal basso per superare questo collo di bottiglia. E, allo stesso tempo, rappresentano un’opportunità di rafforzamento dei legami comunitari che si cementano sempre condividendo scelte concrete in direzione del bene comune. Nell’ottica di una transizione giusta e socialmente sostenibile le comunità energetiche diventano anche uno strumento di creazione di reddito che può sostenere fedeli, parrocchie, case famiglia, comunità famiglia e comunità locali come già dimostrato da alcune buone pratiche realizzate o in via di realizzazione nei territori.
Vogliamo che tutte le comunità dei fedeli in tutte le parrocchie italiane avviino un progetto e diventino comunità energetiche.
Sappiamo che abbiamo bisogno di circa 7 gigawatt di nuova produzione da fonti rinnovabili all’anno se vogliamo raggiungere l’obiettivo di emissioni nette zero nel 2050. Se in ciascuna delle 25610 parrocchie del nostro paese si costituisse almeno una comunità energetica che produce al livello massimo possibile di 200 chilowatt (o facesse nascere più comunità che arrivano complessivamente a quella produzione di energia) avremmo dato il nostro contributo con 5,2 gigawatt di nuova produzione da fonti rinnovabili…”
Per raggiungere la neutralità climatica il Monsignor Santoro non ha parlato solo delle comunità energetiche ma anche di finanza e consumo responsabile:
“La seconda pista di impegno è quella della finanza responsabile. Nella Laudato si’ papa Francesco parla di uscire progressivamente dalle fonti fossili. Le nostre diocesi e parrocchie devono essere “carbon free” nelle loro scelte di gestione del risparmio utilizzando il loro voto col portafoglio per premiare le aziende leader nella capacità di coniugare valore economico, dignità del lavoro e sostenibilità ambientale coerentemente con le numerose prese di posizione nella dottrina sociale che evidenziano il ruolo fondamentale del consumo e del risparmio sostenibile come strumento efficace di partecipazione di tutti alla costruzione del bene comune.
La terza pista d’impegno è quella del consumo responsabile.
È cultura purtroppo diffusa nel paese lamentarsi di una piaga disperando che mai possa arrivare dall’alto una soluzione, eppure confidando solo in quella senza rendersi conto che il cambiamento possiamo realizzarlo noi stessi dal basso. Così è per il tema dello sfruttamento del lavoro e del caporalato ogni qualvolta un drammatico fatto di cronaca ci racconta di un bracciante morto nei campi. Eppure oggi esistono molti lodevoli imprenditori sociali che hanno costruito filiere caporalato free ed offrono prodotti agricoli liberi da sfruttamento e con elevati standard sociali ed ambientali e prezzi non dissimili da quelli dei prodotti corrispondenti. Oltre a chiedere che le amministrazioni locali ne tengano conto negli appalti e non mettano mai più nelle mense scolastiche dei nostri figli prodotti che non siano caporalato free vogliamo essere per primi noi comunità ecclesiali a prendere l’iniziativa ed essere caporalato free.”