Uno studio pubblicato su Nature, a firma dei due premi Nobel per l’economia 2019 Esther Duflo e Abhijit Banerjee, ha rivelato un sorprendente divario nelle abilità matematiche tra due gruppi di studenti in India. Molti ragazzi che lavorano nei mercati al dettaglio hanno buone competenze matematiche: riescono a eseguire rapidamente una serie di calcoli per completare le transazioni. Ma, come dimostrato nello studio, questi ragazzi spesso ottengono risultati molto peggiori negli stessi tipi di problemi che vengono loro insegnati in classe. Questo accade nonostante molti di questi studenti frequentino ancora la scuola o l’abbiano frequentata fino alla seconda o terza media. Al contrario, lo studio rivela anche che gli studenti indiani che sono ancora iscritti a scuola e non hanno un lavoro ottengono risultati migliori nei problemi matematici scolastici, ma spesso ottengono risultati peggiori nei tipi di problemi che si presentano nei mercati. Nel complesso, sia i “ragazzi del mercato” sia gli “studenti” hanno difficoltà con l’approccio utilizzato dall’altro gruppo, sollevando interrogativi su come aiutare entrambi i gruppi a imparare la matematica in modo più completo.
“Per gli studenti, i risultati sono peggiori quando si passa da un problema astratto a uno concreto”, afferma l’economista Esther Duflo, “Per i ragazzi del mercato, è il contrario”.
In effetti, i ragazzi che lavorano e vanno anche a scuola “ottengono risultati inferiori alle aspettative, pur essendo straordinariamente bravi nei calcoli a mente”, afferma Abhijit Banerjee, economista e coautore dello studio. “Per me è stata una vera rivelazione: l’una cosa non si traduce nell’altra”.
Lo studio è consistito nel confrontare due gruppi: 1.436 bambini che lavorano nei mercati e 471 studenti che frequentano la scuola ma non lavorano. I primi hanno mostrato abilità straordinarie nel calcolo mentale: riescono a gestire transazioni complesse come il prezzo di 800 grammi di patate a 20 rupie al chilo più 1,4 chili di cipolle a 15 rupie al chilo, calcolando rapidamente il totale (ad esempio 37 rupie) e restituendo il resto esatto da 200 rupie, con una precisione tra il 95% e il 98% alla seconda prova. Dimostrano anche di saper risolvere problemi verbali pratici con sicurezza, adottando strategie intuitive come arrotondamenti, decomposizioni e stime. Tuttavia, se sottoposti a test standardizzati scolastici, solo il 32% risponde correttamente a una divisione tra un numero a tre cifre e uno a una cifra, e il 54% a una sottrazione tra numeri a due cifre. Al contrario, gli studenti che non lavorano ottengono circa il 96% di risposte corrette ai test scolastici astratti, ma solo il 60% riesce a risolvere correttamente un problema in stile mercato. Solo l’1% è in grado di risolvere un problema verbale pratico che oltre un terzo dei bambini lavoratori affronta facilmente.
Lo studio mostra quindi come la matematica insegnata a scuola sia spesso troppo astratta, fondata su algoritmi e calcoli scritti che raramente trovano applicazione concreta nella vita quotidiana. Allo stesso tempo, le abilità intuitive e le strategie sviluppate nel lavoro quotidiano non si traducono in successo nei test scolastici. Questo suggerisce che serva una didattica capace di integrare i due approcci, collegando la formalità scolastica alla realtà vissuta.
“Hanno imparato un algoritmo ma non lo hanno capito”, afferma Banerjee. I ragazzi del mercato sembravano usare certe tattiche per gestire le transazioni al dettaglio. Innanzitutto, sembrano usare bene gli arrotondamenti. Prendiamo un problema come 43 per 11. Per gestirlo intuitivamente, si potrebbe moltiplicare 43 per 10 e poi aggiungere 43, ottenendo il risultato finale di 473. Questo sembra essere ciò che stanno facendo. “I ragazzi del mercato sono in grado di sfruttare la base 10, quindi ottengono risultati migliori nei problemi in base 10”, afferma Duflo. “I ragazzi delle scuole non ne hanno idea. Per loro non fa alcuna differenza. I ragazzi del mercato potrebbero conoscere altri trucchi di questo tipo che noi non abbiamo visto”. D’altra parte, i ragazzi delle scuole avevano una migliore comprensione dei metodi formali scritti di divisione, sottrazione e altro ancora.
Tuttavia, aggiunge Duflo, “non vogliamo dare la colpa agli insegnanti. Non è colpa loro. Hanno un programma scolastico e metodi rigorosi da seguire”. Ciò lascia ancora aperta la questione di cosa cambiare, in termini concreti di didattica. Questo argomento, a quanto pare, è qualcosa che il gruppo di ricerca sta valutando, mentre valuta nuovi esperimenti che potrebbero affrontarlo direttamente. I risultati attuali, tuttavia, dimostrano chiaramente che i progressi sarebbero utili. “Questi risultati evidenziano l’importanza di programmi didattici che colmino il divario tra matematica intuitiva e formale”, affermano gli autori nell’articolo.
In coerenza con quanto sostenuto da Banerjee e Duflo nel loro libro “Una buona economia per tempi difficili”, questo studio rafforza l’idea che l’apprendimento debba essere contestualizzato, capace di valorizzare diversi tipi di intelligenza, e soprattutto collegato alla realtà. L’approccio puramente algoritmico non è sufficiente. Serve una scuola che insegni a pensare, a risolvere problemi, a muoversi nella complessità delle situazioni reali.





