Qualche settimana fa avevamo parlato della comunità dei nomadi digitali di Madeira, un villaggio per chi vuole lavorare da remoto. Ora, un nuovo studio dell’azienda Netspick ha tentato di quantificare le caratteristiche che rendono una città preferibile per lo smart working.
Lo studio esamina tre fattori che gli autori ritengono centrali per il lavoro da remoto e classifica 75 grandi città in base al loro rendimento in tutte le categorie, tra le quali la vivibilità, il clima, il costo della vita e l’uguaglianza.
La prima categoria presa in esame nello studio è quella dei costi e delle infrastrutture, che comprende il numero di alloggi disponibili in città e adeguatamente dimensionati per lavorare da casa, il costo dell’affitto di tali alloggi, la qualità e il costo di una connessione Internet in città e la quantità dell’imposta sul reddito che un lavoratore che vive in quella città dovrebbe pagare.
Sulla base dei risultati, non esiste una città perfetta in questa categoria: Rio de Janeiro, che ha il costo più basso di tutte le città studiate, non ottiene punteggi molto buoni sulla qualità delle connessioni Internet, mentre Singapore e Hong Kong, che hanno alcune degli alloggi più costosi, hanno un’imposta sul reddito bassa e una buona connessione Internet. E Reykjavik, con le migliori connessioni Internet disponibili, impone pesanti aliquote fiscali.
La seconda categoria, legislazione e libertà, esamina quanto siano accoglienti le città per gli stranieri che cercano di lavorare da remoto. Ciò include incentivi fiscali e normativi, il sostegno ai diritti umani e alle libertà fondamentali, la sicurezza generale e, in particolare, il sostegno all’uguaglianza di genere e all’inclusione per le minoranze.
Lo studio ha rilevato che solo una manciata di città, situate principalmente in Europa, offrono un visto per nomadi digitali o freelance, e poche altre in Asia hanno annunciato l’imminente legislazione. Queste città, con la notevole eccezione di Dubai, ottengono buoni risultati anche per l’inclusione delle minoranze e i diritti LGBT. Tuttavia, i risultati mostrano anche che queste città non offrono necessariamente incentivi fiscali o normativi ai lavoratori in smart working.
Lo studio ha preso in considerazione poi la vivibilità, ovvero fattori come il costo della vita, l’assistenza sanitaria, la cultura, il clima e l’inquinamento e ha aggiunto il tasso di vaccinazione COVID-19 e il modo in cui viene controllata la pandemia. Rispetto a quasi tutti gli altri fattori esaminati, le città studiate hanno ottenuto punteggi peggiori nei tassi di vaccinazione e nel controllo generale della pandemia su tutta la linea, indicando la difficoltà che molti continuano ad affrontare nell’adattarsi alla crisi sanitaria. Tuttavia, le città degli Stati Uniti tendevano a ottenere punteggi più alti sui tassi di vaccinazione.
Al contrario, la maggior parte delle città studiate ha ottenuto punteggi elevati nei propri sistemi sanitari, con città canadesi, australiane e giapponesi in cima alla classifica. Anche il controllo dell’inquinamento è stato buono in tutte le località coperte.
Infine, lo studio ha utilizzato la media ponderata dei punteggi in tutte le categorie per determinare la classifica generale delle città studiate e ha concluso che Melbourne, in Australia, è la migliore città al mondo per il lavoro e la vita a distanza, seguita da Dubai e Sydney, sempre in Australia. L’Italia non brilla, la prima città italiana dell’elenco è Roma, al 62esimo posto, seguita poco dopo da Bari.
A questo link lo studio con la classifica completa