
Voglio condividere con voi alcune storie personali che mi hanno portato a credere che dobbiamo reinventare il nostro sistema sanitario.
Quando avevo 19 anni, cominciai a svenire senza motivo. Dopo mesi di esami, sei specialisti di due ospedali diversi mi dissero che avevo due malattie renali rare, una condizione simile al cancro nel sistema immunitario e che non avrei mai potuto ricevere un trapianto di rene. Mi restavano al massimo due o tre anni di vita.
Per mesi accettai questa condanna, finché un giorno, in sala d’attesa, una donna mi prese da parte e mi disse: “Eric, questi medici stanno guardando solo parti di te, non te nella tua interezza. Sveglia, riprendi in mano la tua salute!” Da quel momento iniziai a informarmi, a fare domande, a costruire la mia rete di cura.
Oggi, oltre vent’anni dopo, sono qui, con un rene trapiantato che i medici mi avevano detto che non avrei mai potuto avere. Ma la mia storia non è solo personale: è la dimostrazione di un problema più grande.
La sanità attuale è costosa, inefficiente e basata su un modello vecchio di secoli: cure frammentate, ospedali come centri esclusivi di assistenza, pazienti passivi che subiscono decisioni prese da specialisti che non si parlano tra loro. Questo approccio non è più sostenibile.
Abbiamo bisogno di un sistema sanitario personale, basato su tre pilastri fondamentali:
1. Cura ovunque
Oggi tutto deve avvenire in ospedale, ma perché? La maggior parte delle cure potrebbe essere erogata a casa, con strumenti di telemedicina, dispositivi portatili e assistenza da remoto. Perché costringere le persone a spostarsi per ogni minimo problema, aumentando i costi e i rischi di infezioni?
Io stesso ho usato un ecografo portatile collegato a uno smartphone per controllare il mio rene trapiantato e consultare in tempo reale il mio medico. Questo è il futuro: la tecnologia che porta la cura dove serve, quando serve.
2. Rete di cura
La maggior parte degli errori medici deriva dalla mancanza di coordinamento tra i vari specialisti. Per anni ho avuto problemi di salute perché i miei medici non si parlavano tra loro. Una volta, per esempio, mi diagnosticarono un problema cardiaco, ma dopo cinque settimane di esami costosissimi, si scoprì che non avevo niente: semplicemente, tre dottori diversi mi avevano prescritto tre versioni dello stesso farmaco, causando una reazione avversa.
Dobbiamo passare da specialisti isolati a team multidisciplinari che vedono il paziente nel suo insieme e collaborano in modo efficace. Quando ho fatto il trapianto, per la prima volta ho sperimentato una vera squadra: non solo medici e infermieri, ma anche nutrizionisti, psicologi e persino un consulente finanziario. Non ero solo un paziente, ma un membro attivo del team.
3. Personalizzazione delle cure
La medicina si basa ancora troppo su protocolli generici. Ma ognuno di noi è diverso: i farmaci, le terapie, gli obiettivi di salute dovrebbero essere personalizzati.
Io, per esempio, ho insistito perché il mio trattamento fosse ottimizzato per permettermi di continuare a sciare, perché quello era importante per la mia qualità di vita. Ho anche avuto la possibilità di far sequenziare il mio genoma e scoprire che alcune delle diagnosi ricevute in passato erano sbagliate.
Grazie alla tecnologia, in futuro potremo avere trattamenti sempre più mirati: software intelligenti che simulano terapie sul nostro “gemello digitale” prima di applicarle su di noi, farmaci basati sul nostro profilo genetico e dispositivi che monitorano costantemente i nostri parametri vitali.
Questi cambiamenti stanno già accadendo, ma senza il coinvolgimento dei pazienti e delle comunità, falliranno. Dobbiamo smettere di essere spettatori passivi della nostra salute. Dobbiamo pretendere cure migliori, più accessibili e personalizzate.
Il futuro della sanità non è nei grandi ospedali centralizzati, né nelle diagnosi fatte “a occhio”. Il futuro è nelle cure distribuite, nelle reti di supporto e nella personalizzazione basata su dati reali.
Prendiamo in mano la nostra salute. Facciamone un gioco di squadra.
Estratto del Ted di Eric Dishman del 2013