di A. Rosanna – Il lavoro da casa è un argomento ormai vecchio, eppure ancora attuale. Sono venti anni che si parla di questa rivoluzione, ma ancora siamo qui a chiederci come e se sia possibile.
É possibile? Certo. Non c’è assolutamente nessun impedimento tecnologico ad impedircelo. Anzi, potremmo dire che le tecnologie attuali permettono ben altro.
Allora qual è il punto? Sicuramente culturale, ma capiamo bene. C’è da sempre un certo scetticismo riguardo alla possibilità di lavorare da casa. Il rito del lavoro è antico, come ogni mattina ci si recava nei campi, oggi ogni giorno ci si reca al lavoro. Questa è anche una eredità sociale riguardo ai luoghi, in qualche modo percepiamo ancora i luoghi divisi per uso. Esiste un luogo per lavorare e un luogo per rilassarsi, come c’è un tempo per giocare e un tempo per lavorare.
A questo tema del luogo, si unisce il tema dell’uomo. Stereotipi e pregiudizi antichi ancora influenzano il nostro giudizio. É radicata in noi la credenza che un genio sul luogo di lavoro si trasformi in uno scansafatiche a casa.
Un vecchio detto recitava: l’occhio del padrone ingrassa il cavallo. Cioè, a casa nessuno ti controlla e così fai quello che ti pare, e questa sembra la prima preoccupazione di ogni datore di lavoro.
Ma è vero? A casa si produce di meno? Ci si trasforma in scansafatiche?
Vediamo allora cosa ci dice la scienza. Una recente ricerca della Stanford University ha dimostrato che chi lavora da casa è più produttivo dei colleghi in ufficio.
Lo studio è durato due anni, e ha messo a confronto due gruppi di lavoro. 500 dipendenti divisi in due gruppi da 250. Il gruppo che lavorava da remoto ha avuto una produttività “nettamente” maggiore, facendo risparmiare alla compagnia enormi quantità di denaro per l’affitto delle postazioni di lavoro.
La ricerca ci dice anche che questa modalità da remoto ha effetti migliori se prevede dai 2 ai 4 giorni in ufficio. Infatti è importante continuare a relazionarsi con i colleghi, coordinarsi, stringere rapporti e sentirsi parte di qualcosa. Un altro aspetto interessante emerso dalla ricerca è che i conflitti tra i dipendenti sono diminuiti notevolmente.
Ovviamente per quante ricerche si portino a supporto, il nodo rimane culturale. Con la crisi che non accenna a placarsi, il tema è tornato di moda e il fenomeno è in crescita. I primi a muoversi sono state le grandi aziende, sopratutto per ridurre i costi.
Esistono ricerche però che dicono anche il contrario. Lavorare a casa sarebbe controproducente. In effetti gli studi pro e contro si equivalgono. Il centro del dibattito è sempre la produttività. Forse però, è bene capire di quale tipo di produttività stiamo parlando.
Il lavoro da remoto sembra funzionare quando si vuole aumentare la produttività del singolo. Al contrario, non funziona per un gruppo di persone. Perché?
Probabilmente c’è ancora una scarsa abitudine ad affrontare i problemi in maniera da non prevedere riunioni o incontri dal vivo. I gruppi entrano in un groviglio di mail, telefonate e applicazioni di ogni tipo che creano solo confusione ulteriore. Il motivo è semplice: le persone sono costrette ad aprire un canale di comunicazione, cosa che in ufficio non è necessario.
Sicuramente su questa abitudine a risolvere le cose di persona e sulla partecipazione a gruppi di lavoro da remoto, ci si deve lavorare. Sono dinamiche totalmente nuove. Le nuove generazioni saranno più abituate a rapporti mediati da strumenti digitali e non avranno problemi.
Infatti che sia una questione di abitudine è ampiamente dimostrato da tutta una fascia di lavoratori che da anni già lavora da remoto. Il lavoro da remoto o smart working è oggi il pane quotidiano di buona parte dei freelance delle professioni digitali. Ma potrebbe certamente essere esteso pian piano anche ai dipendenti. Pensate quanto tempo un lavoratore tradizionale perde tra traffico, mezzi pubblici e ingorghi.
E in Italia?
Nel nostro paese c’è una legge che consente, in accordo con le aziende, di svolgere parte delle ore di lavoro settimanali da casa. Però ad oggi sono circa 300mila i dipendenti che usufruiscono dello smart working. Davvero pochi. Però i primi dati, comunque, ci parlano di un 15% in più di produttività.
Il lavoro è un tema particolare, riguarda la “vita” di ognuno di noi, ma certamente potrebbe essere affrontato ormai in maniera diversa. Ogni persona ha il diritto di gestire il tempo e gli impegni professionali e personali in maniera più autonoma. Quando si da fiducia alle persone si riceve indietro tanto. Basta pensare agli italiani e ai dipendenti come delle persone che non aspettano altro di rubare dei soldi.
Qualcuno potrebbe approfittarsene? Certo, come qualcuno che prende la pensione di invalidità ma non è invalido: non per questo togliamo a tutti la possibilità di avere una pensione.
Inoltre pensate che beneficio per lo Stato. Quanto inquinamento in meno, incidenti in meno, manutenzione delle strutture in meno ci sarebbero. Un mucchio di soldi risparmiati e un mucchio di gente più contenta e meno stressata.
Sicuramente non può funzionare per tutti e per ogni settore, ma è bene incominciare e capire dove si può applicare e dove no.