di Samanta Di Persio – Quante volte avremmo voluto che il tempo si fermasse in un preciso momento? Nel momento di massima emozione con il proprio partner, da bambini durante un abbraccio con i nonni, durante una vacanza con gli amici oppure durante una domenica pomeriggio trascorsa con i genitori.
Nell’arco della vita ci sono attimi in cui vorremmo che tutto rimanesse immutato per non far scappare le sensazioni positive che proviamo. Abbiamo sempre dovuto prendere consapevolezza che ciò non può avvenire, eppure, poi, la vita ci mette di fronte alla sospensione del presente per cause naturali.
Ricordo perfettamente la sensazione provata subito dopo il 6 aprile 2009: una situazione surreale, di stallo, senza passato perchè non si poteva più accedere nella propria casa, nel luogo protettivo per natura, non si poteva più abbracciare chi era rimasto sotto le macerie; il presente era scandito senza tempo in attesa che qualcuno al di sopra decidesse dove andare; senza futuro perché era difficile immaginare un ritorno alla normalità nel più breve tempo possibile. Per giorni c’è stato silenzio, parlavano gli sguardi.
Una situazione molto simile a quella che stiamo vivendo a causa del Coronavirus, a distanza di 11 anni. Tutti avvolti in un alone che non ci permette di piangere i nostri cari, di elaborare i nostri lutti e, peggio ancora, non poter condividere a pieno i nostri stati d’animo. Nei primi giorni, quando si poteva ancora uscire a fare attività sportiva, ci si incontrava e spesso ho visto persone a testa bassa, spaventate perché la situazione non era ben chiara. Questo è accaduto anche per il terremoto. Un’informazione non chiara, soprattutto di rassicurazione, è stata la causa di morte per alcuni. Gli scienziati non sempre sanno, e allora bisognerebbe affidarsi alla tradizione popolare: “La prudenza non è mai troppa!”.
A quasi un mese da questo cambio imposto dalla natura degli eventi, abbiamo cercato di costruire una vita virtuale: messaggi, tanto da poter mandare in tilt Whatsapp, aperitivi virtuali, rapporti sessuali virtuali per chi è a distanza, lavoro in smart working.
Nel mondo che continua a vivere come prima, ci sono degli eroi, coloro che continuano a uscire tutti i giorni di casa, con il terrore, per lavorare perché senza di loro avremmo il collasso. In questa situazione, a tratti ancora surreale, la stanchezza inizia a farsi sentire e l’unica consolazione è che alla fine l’essere umano riesce ad abituarsi sempre.
In condizioni normali pensiamo che non condivideremmo mai un bagno con nessuno, ma se arriva un evento come il terremoto te lo impone. Oppure cambia le generazioni, molti bambini nati dopo il 6 aprile 2009 non hanno mai visto una scuola in muratura, solo moduli prefabbricati.
Qualcuno dopo il Covid19 (anche questo virus farà da spartiacque con un prima e un dopo) continuerà a indossare mascherine e guanti per paura di contagiarsi.
Nulla torna mai come prima dopo un grande trauma, riconoscere e accettare il nuovo è quello che ci salverà.