“Facevo l’operaio e 8 ore di lavoro erano paragonabili a 8 ore in un campo di concentramento non tanto per la fatica, ma per la sopportazione dei soprusi. Sono diventato responsabile d’azienda e le 8 ore erano ancora più tremende per lo stress e la pressione continua della dirigenza che voleva sempre più produzione con richieste assurde e disumane. Ho mollato il manicomio e ho messo su un piccolo negozietto nel mio paese, al posto del prato inglese e delle palme in giardino c’è un bell’orto. Passo le giornate a zappare e vender vino e scopo anche di più (e fare l’amore in mezzo ai campi è qualcosa di unico fidatevi). Mi è tornato il sorriso. Facciamo quasi tutte le sere festa con i paesani cuocendo qualche salsiccia fatta con i maiali allevati da noi, bevendo vino e ascoltando musica da un vecchio juke box che ho riparato con le mie mani. Ci scaldiamo con una stufa a legno alimentata con le potature degli alberi delle nostre campagne. Ora siamo sotto la neve (sono in Abruzzo) e non ho nessun problema, anzi, ci siamo fatti uno “snow park” e ci stiamo divertendo senza lamentarci con Protezione Civile o Comune o presidente del Consiglio. Ho fatto un centinaio di litri di vino cotto e lo vendo a 50 cent. al bicchiere gratis per i senza tetto o chi non ha lavoro. Un solo sogno mi è rimasto: CHE SPARISCA QUESTO STATO DI MERDA CHE PROMETTE SERIZI CHE NON VOGLIO E DI CUI NON HO BISOGNO IN CAMBIO DELLA MIA ANIMA.” Johnny Gaspari, Cepagatti
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