Einstein disse “Non so con quali armi si combatterà la Terza guerra mondiale, ma la Quarta sì: con bastoni e pietre“. I politologi ipotizzano da anni che il prossimo conflitto mondiale, se ci sarà (molti ne sono certi), vedrà il confronto tra Cina e USA, le due superpotenze di questo secolo. La prima in ascesa, la seconda in declino. Una guerra per le risorse, non ideologica. Un confronto già in atto per l’energia, dove la Cina ha raggiunto il primato mondiale dei consumi e da due anni è il primo importatore di petrolio dall’Arabia Saudita, superando gli Stati Uniti.
Il renminbi, o yuan, (la valuta cinese) e il dollaro sono destinati a una inevitabile guerra monetaria a livello mondiale. Il valore dello yuan è per ora mantenuto basso in modo artificiale dal governo cinese per aumentare le esportazioni. Una manovra contestata dall’Occidente e che ha portato il deficit commerciale statunitense verso la Cina a 250 miliardi di dollari nel 2010. In futuro si passerà probabilmente dai petroldollari ai petrolyuan. La Cina è la prima nazione detentrice di titoli pubblici americani con 895,6 miliardi di dollari. Se li vendesse l’economia a stelle e strisce crollerebbe, per ora non le conviene per via delle esportazioni, ma il futuro è incerto per la richiesta di un nuovo protezionismo da parte delle aziende americane. Lo shopping cinese del debito pubblico, e quindi delle sovranità nazionali, avviene anche in Europa. La Cina detiene 630 miliardi di euro di titoli UE e continua ad acquistare come è avvenuto la scorsa settimana in Portogallo. A Bruxelles la Cina è la vera banca europea.
Il presidente cinese Hu Jintao è stato definito da Forbes l’uomo più potente del mondo. La diminuzione delle risorse agricole e l’aumento della popolazione ha creato un nuovo colonialismo: quello agricolo. Si conquistano immensi terreni in Sudamerica e in Africa con la valuta al posto delle armi. In prima fila c’è sempre la Cina. Le basi americane circondano la Cina nel Pacifico con una doppia linea dal Giappone alle Filippine, da Guam a Okinawa. La Cina importa l’80% del petrolio attraverso lo stretto di Malacca. Il predominio navale nel Pacifico è fondamentale per la sua esistenza, ma sui mari comandano gli Stati Uniti. Gli investimenti cinesi nelle armi hanno avuto una forte accelerazione negli ultimi anni. La Cina è ancora lontana dal gigantesco apparato militare USA che conta, ad esempio, 11 portaerei verso nessuna cinese, 900 aerei da combattimento vs 290 e 56 cacciatorpedinieri vs 28. Il tempo è dalla parte della Cina se non viene interrotta prima la sua espansione militare e economica. In Italia abbiamo mediato al nascente conflitto alla nostra maniera, realizzando una fusione, un sincretismo internazionale. Basi americane ovunque e nuove aziende cinesi che si moltiplicano come i funghi dalla ristorazione alla moda, in Veneto un’azienda su quattro del settore è cinese e una base militare su due è statunitense.
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