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L’abisso ha in sé un richiamo, irresistibile per alcuni. “Lasciarsi cadere con la speranza che il vuoto non sia tale, ma un magico spazio soprannaturale che sveli una nuova realtà politica“. Così pensano e scrivono e parlano coloro che vogliono le elezioni anticipate. Le uniche cose certe che otterranno sono il cumulo di un terzo finanziamento pubblico per la gioia dei loro tesorieri, la scelta di persone “di fiducia“, deputati e senatori non nominati dagli elettori, la pensione per i parlamentari che maturerà a fine ottobre alla scadenza di due anni e mezzo di legislatura e forse qualche zerovirgola in più. Non è poco, ma non è politica, è “la sindrome di de Sade“, sadomasochismo elettorale, il desiderio inconfessato di subalternità, di soggiacere senza porre condizioni nel lettone di Papi. In autunno scadono circa 200 miliardi di euro di titoli di Stato, senza un governo in carica c’è la quasi certezza di un default. Il debito pubblico a fine anno sfiorerà i 1900 miliardi di euro. Le aziende licenziano, senza porsi più problemi, migliaia di dipendenti, come Unicredit e Telecom Italia, o delocalizzano all’estero chiudendo una fabbrica dopo l’altra, avviene per Fiat, Omsa, Bialetti. Quale strategia migliore per Berlusconi (responsabile del fallimento economico del Paese insieme a Tremorti) di farsi sfiduciare, andare al default e imputarlo alla irresponsabilità delle opposizioni (incluso Fini che gli ha resistito per 15 anni come il reggipetto di una famosa canzone: “Ha perso più battaglie il suo reggipetto che il General Cadorna a Caporetto“)?
Lo psiconano dispone di sei televisioni e del ministero dell’Interno, ha già vinto. In caso di collasso economico stravincerà. Gli italiani sono femmine, di fronte al pericolo preferiscono sempre un mascalzone di destra a un incapace di sinistra. Il Parlamento sarà cosa sua e anche la futura Presidenza della Repubblica, scelta dalla maggioranza dei parlamentari, suoi impiegati e sodali. Il default, ovunque sia avvenuto, è sempre stato accompagnato da misure speciali di ordine pubblico. Avremo, sadicamente, anche quelle,
E mentre leggo gli appelli accorati della sinistra, dei suoi filosofi e dei suoi giornalai per una nuova legge elettorale, mi ricordo del settembre 2007, del primo Vday e della legge popolare e delle 350.000 firme che prendono muffa nelle cantine del Senato. Di una proposta per introdurre l’elezione diretta e per buttare fuori dal Parlamento i condannati. Ci mandarono a fanculo: eravamo qualunquisti. E mentre, ancora, leggo gli appelli sempre della sinistra per una legge che elimini il conflitto di interessi, mi ricordo dell’aprile del 2008, del secondo Vday e del referendum per l’abolizione della legge Gasparri. Di una proposta per reintrodurre il pluralismo dell’informazione. Anche allora, con maggior vigore, ci mandarono a fanculo, dalla Repubblica all’Unità: eravamo populisti.
Berlusconi non ha nulla da perdere con le elezioni anticipate, il giudizio della Corte Costituzionale sul legittimo impedimento (quasi sicuramente negativo) è atteso per dicembre. Per allora lui sarà già insediato con un Doppio Lodo Alfano. Berlusconi va fatto cuocere a fuoco lento o sostituito da un governo tecnico. Se non succederà, avremo la Sadopolitìk sul nudo corpo elettorale. Alcuni godono anche così.