Secondo il più ampio studio mai condotto sulla pressione sanguigna in età pediatrica, il tasso globale di bambini e adolescenti che soffrono di pressione alta è quasi raddoppiato nell’arco di vent’anni a causa di diete non salutari, inattività diffusa e livelli crescenti di obesità. Lo studio, pubblicato sulla rivista The Lancet Child and Adolescent Health, ha esaminato 96 ricerche condotte in 21 paesi e basate su oltre 400.000 giovani fino ai 19 anni. La prevalenza dell’ipertensione è passata dal 3,2% al 6,2%, una crescita che corrisponde a 114 milioni di minori affetti da pressione alta prima di entrare nell’età adulta.
I dati mostrano un ruolo decisivo dell’obesità unito all’inattività fisica. Quasi il 19% dei giovani con obesità presenta valori di pressione elevati, contro meno del 3% dei coetanei con peso nella norma. Lo studio segnala anche un ulteriore 8,2% di bambini e adolescenti con preipertensione, cioè valori già oltre i limiti fisiologici ma non ancora tali da rientrare nella diagnosi di ipertensione. La condizione diventa più diffusa in adolescenza, quando i tassi raggiungono l’11,8% e la pressione sanguigna tende a crescere in modo fisiologico fino a un picco intorno ai 14 anni, soprattutto nei ragazzi.
A livello globale, secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della sanità, più di 390 milioni di adolescenti tra i 5 e i 19 anni risultavano in sovrappeso nel 2022. La prevalenza è triplicata dal 1990 passando dall’8 al 20%, mentre oltre 35 milioni di bambini sotto i cinque anni erano sovrappeso già nel 2024. Le proiezioni indicano che nel 2050 potrebbero esserci più di 180 milioni di minori con obesità nella fascia tra i 5 e i 14 anni.
Questa tendenza comporta un crescente impatto economico per i sistemi sanitari. Le malattie collegate all’ipertensione infantile come le patologie cardiovascolari, le malattie renali croniche, il diabete di tipo 2 e le condizioni metaboliche richiedono cure continuative e costose che possono protrarsi per decenni. Secondo studi internazionali, i costi legati all’obesità rappresentano fino al 3% della spesa sanitaria nazionale nei paesi ad alto reddito, con proiezioni che indicano un aumento fino al 5% nei prossimi vent’anni se la crescita dell’obesità infantile non verrà invertita. Il peggioramento della salute cardiovascolare in età precoce comporta un rischio molto più alto di ricoveri in età adulta e una maggiore necessità di trattamenti farmacologici a lungo termine. Ogni incremento della pressione sanguigna in gioventù si traduce in una significativa crescita dei costi sanitari futuri, perché anticipa di anni l’insorgenza delle malattie croniche.
Un’alimentazione sana nella prima infanzia e durante l’adolescenza è considerata la misura più efficace per ridurre sia l’obesità sia l’ipertensione. Il consumo regolare di frutta e verdura, il controllo degli zuccheri e dei grassi saturi, la riduzione degli alimenti ultraprocessati e un livello minimo ma costante di attività fisica quotidiana hanno un impatto diretto sui valori pressori. Interventi precoci nelle scuole, nelle famiglie e nelle comunità possono prevenire patologie che, una volta stabilizzate, diventano difficili da invertire. Investire sulla prevenzione significa ridurre enormemente il peso economico e sociale che l’ipertensione infantile rischia di generare nei prossimi decenni.





