La foresta pluviale amazzonica è la più grande foresta tropicale del mondo. Da sola, rappresenta più della metà delle foreste tropicali. È sede di una biodiversità inestimabile e gioca un ruolo importantissimo nel sistema climatico terrestre. Per la sua influenza sulle precipitazioni di un intero continente e per le colossali quantità di carbonio che immagazzina.
Lo scorso gennaio, i dati dell’Istituto nazionale brasiliano per la ricerca spaziale (Inpe) ci hanno allertato ancora una volta: l’Amazzonia brasiliana aveva appena perso 430 chilometri quadrati di foresta solo in un mese.
Oggi, arriva un’altra drammatica notizia: dall’inizio degli anni 2000, più di tre quarti della foresta pluviale amazzonica ha perso la sua capacità di recupero, ovvero la capacità di riprendersi da qualsiasi disastro. Che si tratti di un’operazione di deforestazione, di un temporale o di un incendio boschivo.
Secondo una ricerca di un team internazionale di ricercatori, nell’ambito del progetto Tipping Points in the Earth System (TiPES), un progetto dedicato allo studio dei punti di non ritorno.
Lo studio rileva che per il 75% la foresta amazzonica non riesce più a reagire ai cambiamenti, portandosi velocemente ad un punto di non ritorno. Un punto in cui l’ecosistema subirebbe un cambiamento improvviso, che i ricercatori chiamano un rallentamento critico nella dinamica dell’ecosistema. Un rallentamento ancora osservato nei dati che caratterizzano la biomassa e il verde del bosco. Un rallentamento che segnala un indebolimento delle forze riparatrici in grado di riportare il bosco in equilibrio dopo le perturbazioni.
Il risultato della ricerca è stato ricavato non dalle previsioni del modello climatico, ma da un’analisi statistica approfondita di 30 anni di dati satellitari della regione amazzonica, in particolare su quello che chiamano lo spessore ottico della vegetazione, che definisce la quantità di biomassa e del contenuto d’acqua nelle piante.
Secondo i ricercatori se l’intera foresta o anche solo alcune regioni dovessero collassare, l’amazzonia si trasformerebbe in un habitat molto più secco, simile alla savana.
A questo link lo studio completo