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La crisi della lettura in Italia e nel mondo

beppegrillo.it - Settembre 8, 2025

Nel 2015 è stato realizzato un esperimento che consisteva nel far leggere ai laureandi di letteratura inglese i primi paragrafi di Casa desolata di Dickens. Il risultato fu sorprendente, anche studenti in teoria esperti faticarono a comprendere il linguaggio ottocentesco, denso di termini legali e metafore, tanto che uno di loro arrivò a chiedere se “baffi” significasse “una stanza con un gatto”.

Negli Stati Uniti la percentuale di chi legge per piacere è diminuita del 40 % in vent’anni, secondo uno studio pubblicato ad agosto su iScience. Nel Regno Unito il 40 % degli adulti non ha letto né ascoltato alcun libro nel 2024. Sir Jonathan Bate, professore a Oxford, ha ammonito che molti studenti risultano incapaci di leggere un romanzo in tre settimane e non hanno abitudini di concentrazione.

Oltre al calo quantitativo cambia anche la qualità, le frasi si accorciano. Un’analisi sui bestseller del New York Times mostra che le frasi si sono contratte di quasi un terzo dagli anni Trenta. J. Ruskin, nel XIX secolo, iniziava un’opera con una frase di 153 parole. Mel Robbins oggi con 19. La pratica della lettura sembra sempre più in crisi e con essa la capacità di pensare idee complesse.

In Italia il quadro non è molto diverso. Nel 2022 meno del 40 % degli italiani ha letto almeno un libro per piacere (39,3 %), il dato più basso dagli inizi del millennio. Solo il 17,4 % ha letto almeno tre libri in 12 mesi. Tra il 2019 e il 2024 gli italiani che si definiscono lettori attivi hanno ridotto le ore settimanali di lettura da 3h 32m a 2h 47m. Nel biennio 2023–2025 a un calo nel tempo di lettura dei bambini corrisponde un boom del tempo speso sui dispositivi. I 7-9enni leggono solo 2h 23m a settimana (erano 3h 33m). I 10-14enni addirittura 1h 43m (da 2h 51m), mentre lo smartphone cattura mediamente 10h 28m. Secondo PXR Italy il 60 % degli italiani non legge libri. Il 18 % ne legge 1-3 all’anno, il 16 % 4-11, e solo il 6 % è un lettore accanito. La disparità di genere resiste, il 46 % delle donne legge contro il 36 % degli uomini, ma la lettura è diminuita più tra le donne (-6 %) che tra gli uomini (-2 %) nel periodo 2009–2020. Il test PIAAC dell’OCSE rivela che gli adulti italiani ottengono in media 245 punti in literacy contro una media OCSE di 260, con il 35 % al livello più basso di alfabetizzazione e solo il 5 % ai livelli più alti contro il 12 % della media.

Ed è interessante come la scrittrice e neuroscienziata cognitiva Maryanne Wolf abbia dedicato il suo libro “Proust e il Calamaro, storia e scienza del cervello che legge”  per spiegare proprio questo. La lettura, pur non essendo innata, nasce dalla plasticità del cervello, il nostro organo si riorganizza utilizzando circuiti antichi per una funzione nuova. Wolf racconta come la lettura abbia plasmato il pensiero umano, come i bambini imparino a leggere e come le difficoltà come la dislessia rivelino molto sul funzionamento stesso della mente. Nell’era digitale però il modo in cui leggiamo cambia, la lettura superficiale o frammentata può rimodellare il cervello riducendo la capacità di lettura profonda. Secondo Wolf la sfida è sviluppare sia l’abilità di leggere testi complessi sia quella di muoversi velocemente tra contenuti digitali senza sacrificare la profondità.

La lettura è un miracolo culturale che ha trasformato il nostro cervello e il nostro modo di pensare. In Italia come altrove stiamo perdendo l’abitudine e con essa rischiamo di perdere parte della nostra capacità di elaborare pensieri complessi, empatici e autorevoli. Il declino non può essere ignorato, va affrontato con strategie che riguardano scuola, famiglie, editoria e politica culturale. Come suggerisce Wolf dobbiamo coltivare letture profonde e significative senza rinunciare alla dinamicità richiesta dal mondo digitale. Altrimenti l’assenza di lettura sarà davvero una perdita generazionale.

E come abbiamo ricordato giorni fa, persino in Danimarca si parla apertamente di crisi della lettura. Per questo il governo ha deciso di abolire l’IVA sui libri, la più alta d’Europa, per favorire l’accesso e provare a invertire una tendenza che non riguarda più solo la quantità ma la qualità del nostro futuro culturale.

Immagine di Pawel Kuczynski https://www.facebook.com/pawelkuczynskiart/

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