In questo intervento il filosofo Diego Fusaro, professore presso lo IASSP (Istituto Alti Studi Strategici e Politici) di Milano, osserva come nei giovani sia in larga misura cambiato il rapporto con l’idea di futuro, il proprio e quello della propria collettività: se da un lato è regredito verso quell’eterno presente privo di progettualità tipico di un pensiero orientale mal compreso e trasformato nel suo opposto edonistico, dall’altro è stato sclerotizzato dall’ipnotica cantilena mediatica che indottrina alle aberrazioni sempre più inaccettabili del mondo del lavoro.
Adorno nella sua ultima opera, la “Teoria Estetica”, indicava con l’espressione “contenuto di verità” la capacità che l’arte e la filosofia hanno di far emergere le possibilità altre rispetto al dato, cioè di lasciar intravedere, ad uno sguardo risvegliato, l’utopia di una realtà futura luminosa, equa, conciliata, tanto possibile, quanto di là da venire. Questa capacità di visione, in grado di squarciare le grigie cortine di un presente afflitto dal pensiero omologante della Finanza e dell’Industria culturale sua ancella, è quanto si è andato perdendo nelle nuove generazioni. Sono gregge in marcia verso la catastrofe tanto la generazione dei padri, che ha avuto il privilegio psicologico di percepirsi in larga misura padrona del proprio destino, e costruttrice attiva di un universo di senso degno dell’aplomb dell’uomo rinascimentale, quanto l’avvilita generazione dei figli, compenetrata dal messaggio schizofrenico di essere il futuro, e al contempo di doversi rassegnare al fatto che il futuro non gli appartiene. L’altra faccia della Catastrofe, intesa come scardinamento del tempo, momento epifanico in cui, d’un tratto, il futuro si fa, anzi, si è già fatto, irrimediabilmente presente, è la Redenzione, ed è al filosofo della Redenzione, Hegel, che Fusaro in questo video-messaggio invita a guardare con speranza.
In ciascun individuo arde indomito un potere trasformativo che non è disposto ad adeguarsi passivamente al mondo dato, dunque è possibile riacciuffare il presente e lavorarne la materia, per quanto ardua, dolente, sclerotica possa sembrare. È nelle pieghe di un presente monolitico, che il futuro si nasconde, ed è lì che dobbiamo cercarlo.