Per fare la modella bisogna pesare 35/40 chili. Per indossare un capo firmato bisogna diventare anoressiche.
“Leggo di una ventisettenne di Cecina, nel livornese, che malata da tempo di anoressia si è tolta la vita assumendo cento pasticche del farmaco prescritto contro il suo male. Uccidersi usando la propria cura come arma, come in un rifiuto estremo di un’esistenza non accettata. E’ forse banale citare l’incidenza di un’immagine vincente del corpo che ne esalta l’insana magrezza, poiché i disturbi dell’alimentazione hanno radici ben più profonde e ramificate. Tuttavia, questo dramma di provincia mi ha richiamato alla mente il recente dibattito sulle taglie forti oscurate alle ultime sfilate milanesi, facendomelo sentire effimero e malizioso. L’icona di curva morbida per Jean Paul Gaultier è una modella truccata in modo esagerato e che veste calze a rete su cosce da lottatore di sumo, mentre per Mirò è una taglia 50 che cade su una ragazza pesante 80 chili. Che scopo ha affiancare a filiformi taglie 38 la semi-obesità di una 52, se non quello di continuare a giocare sul corpo umano come un baro fa con le tre carte, mescolando le figure affinché non si scopra un trucco teso esclusivamente ad oscurare ciò che a tutti fa più paura. Mi riferisco alla normalità, la quale non offre ribalta ai grandi marchi e, cosa ben più grave, ci lascia insoddisfatti come individui. Non sarà certo una panacea, ma quando le passerelle saranno solcate anche da qualche fisico normopeso, a mio avviso avremmo compiuto un bel passo in avanti.” Marco L.
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